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SOCIOPLAY DELLA MANIPOLAZIONE AFFETTIVA - 2013

 

 

Un adattamento delle caratteristiche del M. A. descritte dalla psicologa
a indirizzo cognitivo comportamentale Isabelle Nazare Aga nei suoi libri sulla Manipolazione Affettiva:

  1. Il manipolatore colpevolizza gli altri e li ricatta facendo leva sui doveri del ruolo familiare, dell'amore, della coscienza professionale, ecc. Nelle dinamiche familiari del figlio genitorializzato questa manipolazione del figlio da parte di un padre (che mette il figlio nel ruolo del padre cattivo del padre) arriva al punto che il figlio può persino sentirsi in colpa di essere manipolato e avvertire un permanente senso di disagio esistenziale per un crimine che non ha commesso. Esemplare è la rivelazione dei pensieri segreti di Luigi il rapinatore (cfr. il video integrale di "Luigi" tratto da "Da Storia Nasce Storia" Rai3 al punto 00:49:41).

  2. Il M. ricorda e fa sentire agli altri che bisogna essere perfetti, che non si deve mai cambiare opinione, che occorre sapere tutto e rispondere immediatamente a richieste e domande, pena l’esibizione tormentosa delle sue sofferenze, di disturbi e problemi vari. Il suo metodo più efficace è quello di una svalutazione paralinguistica basato su espressioni degli occhi e posizionamento del corpo nello spazio. Ottiene spesso lo sguardo dell'altro ma non lo ricambia. 
  3. Per soddisfare le proprie necessità, il M. fa leva sui principi morali degli altri (cortesia, umanità, solidarietà, antirazzismo, generosità). A differenza del suonatore ambulante o del giocoliere, il mendicante lamentoso (che ostenta bambini, cani o bisogno di pane o medicine) capitalizza su questa dinamica. Aggredisce il passante creando uno stato di compassione e colpa. La vittima deve pagare per liberarsi del disagio. L’inevitabile conflitto tra pietà e fastidio attivato nella vittima aumenta il potere della manipolazione. 
  4. Il M. mette in dubbio a vari livelli, in vari stili e in varie intensità le qualità, la competenza, la personalità altrui, svaluta e giudica. Così facendo aumenta l'attaccamemto della vittima che, sentendo di valere poco o niente, non si rivolge ad altri ed evita quelle nuove occasioni di incontro che invece potrebbero salvarlo. Nella fase successiva a quella iniziale della seduzione (in cui il M. idealizza la persona per sedurla), diventa sempre più avaro di conferme, lodi e complimenti che però richiede di continuo per se stesso. Può notare una fogliolina di origano nascosto in una piega di lattuga gridando che si tratta di un insetto che rovina il piatto. Addestra, con una serie martellante di microtraumi, la vittima all’idea di essere essenzialmente colpevole (del disagio subconscio che per via transgenerazionale tormenta il M.) anche se potrebbe forse farsi perdonare comportandosi molto bene. Questa dinamica può degenerare nel gioco perverso della Dominatrice Piangente o della Bambina Inconsolabile. In un caso la moglie in preda all’alcool disse al marito: "Io voglio che diventi il mio schiavo…"
  5. Il M. può essere geloso, anche di un genitore o di un parente, di un amico, di un conoscente. In un caso il M. attaccava la simpatia che il coniuge riscuoteva nel suo quartiere e si lamentava del fatto che i passanti si rivolgessero molto spesso al marito per chiedere informazioni stradali ("...perché sempre a te e mai a me?"). La gelosia si estende persino a una persona che il partner ha frequentato nel passato, in una forma di aggressione retroattiva che mette la vittima in condizione di dover nascondere parti della sua esperienza storica con vergogna e timore.
  6. Il M. utilizza lusinghe per adularci. Fa regali o diventa improvvisamente pieno di premure verso di noi. Queste oasi hanno la funzione di non esaurire la vittima spingendola a chiudere il rapporto. La tortura presuppone la sopravvivenza del torturato che resta confuso dalla contraddizione tra i vari momenti.

Il M. fa la parte della vittima per farsi compatire (esaspera i suoi malesseri e il suo carico di lavoro). Ricorre spesso all'autocommiserazione. E' convinto di essere la vittima dell'incompetenza, della mediocrità e della avarizia degli altri. E non è facile confortarlo. In realtà rifiuta il conforto. Desidera lamentarsi, non risolvere il problema di cui si lamenta. Vuole il contenimento non la soluzione del problema, cosa che fa sentire la vittima impotente, incapace di dare conforto e fallita. E naturalmente in colpa.

  1. Rifugge dalle sue responsabilità riversandole sugli altri.
  2. Non comunica chiaramente le sue richieste, i suoi bisogni, i suoi sentimenti e le sue opinioni. Per esempio accenna in modo impersonale al fatto che manca il caffè in cucina piuttosto che domandare all'altro di andarlo a comprare. Così non deve ringraziarlo. Inutile dire che la psicopatologia del M. sfugge ai criteri base della vita civile raccomandati da ogni galateo. Da questo punto di vista il M. è definibile come terribilmente villano e maleducato.
  3. Risponde molto spesso in modo vago. Questo tiene l'altro sulle spine e consente al M. un margine di manovra infinito e contraddittorio nel quale sguazza la sua potenza relazionale.
  4. Cambia argomento con disinvoltura nel corso di una conversazione. Cosa che esaspera l'altro che poi si sentirà dire che è aggressivo a protestare. Il salto di tema riguarda livelli e paralivelli del problema di cui si parla ma in casi estremi arriva a un tessuto schizoide di nessi laterali la cui unica costante è il vittimismo colpevolizzante.
  5. Evita i colloqui e le riunioni. In genere i gruppi in quanto diminuiscono il delirio a due e aumentano la possibilità di avere testimoni della M.ne in atto. Teme le rivelazioni pubbliche e soprattutto i "bricconaggi" con cui la vittima potrebbe ribellarsi.
  6. Fa arrivare i suoi messaggi attraverso intermediari. Telefona invece di parlare di persona o lascia appunti scritti con prescrizioni. Spesso le comunicazioni telefoniche sono frammentate e difficili per varie ragioni.
  7. Invoca ragioni logiche per mascherare le sue richieste ma se l'altro risponde sul piano logico, passa ad argomentazioni sentimentali.
  8. Predica il falso per sapere il vero. Deforma, interpreta, affabula e ingigantisce ma sempre per mettere l'altro in posizione di difetto, mai per magnificare il suo comportamento e le sue qualità. Spia e controlla lettere, diari, cellulari, computer degli altri ma tiene i suoi blindati. Se però l'altro ha scritto un libro e lo invita a leggerlo, il M. non lo farà.
  9. Il M. non sopporta le critiche e nega l'evidenza. Ogni accusa è accolta con le parole: "Non mi massacrare, non essere aggressivo/a, lasciami tranquillo/a."
  10. Fa minacce velate di abbandono o ricatta apertamente: “Se fai così, me ne vado. Ti lascio… vedrai dopo come ti senti...” Produce un attaccamento tenace ma insicuro e sospeso.
  11. Semina zizzania, crea sospetti e conflitti per avere la situazione sotto controllo e per provocare la rottura della coppia o di accoppiamenti della vittima con altre persone. L'uso del no e derivati è altissimo. Prevale la descrizione al negativo di fatti, movimenti, persone. Ci troviamo al polo opposto dell'ottimismo studiato da Martin Seligman.
  12. Il M. cambia idea, comportamenti, opinioni a seconda delle persone e delle situazioni. Spesso cambia anche stile e modalità. Ad esempio concentra il suo malessere sul partner e mette in piedi un'immagine amabile di se stesso in ambienti che il partner non può frequentare e spesso nemmeno incontrare per una sola volta. In questi luoghi presenterà un'immagine persecutoria del partner ottenendo conforto e "giustizia". Questo meccanismo di scissione coincide con la tendenza a evitare riunioni collegiali. Punta quindi sul fatto che il contesto A ignora il contesto B e che non si possano consultare tra di loro.
  13. E’ egocentrico ma più spesso nell'autocommiserazione che nell'orgoglio, per qualcosa di reale che ha fatto o che gli è accaduto. E' un collezionista di ingiustizie.
  14. I suoi discorsi sulla propria vita sembrano logici e coerenti, mentre i suoi modi, le sue azioni e il suo stile di vita non lo sono affatto.
  15. Si riduce sempre all’ultimo momento per chiedere, comandare o far fare qualcosa agli altri. Lo stato di emergenza e panico favorisce infatti il potere delle sue richieste perché una mancanza di soccorso attiverebbe conseguenze problematiche creando nell'altro un senso di colpa.
  16. Non tiene quasi mai conto dei diritti, dei bisogni, della situazione e dei desideri altrui, forse perché ha un difetto di quei neuroni specchio (modulatori dell'empatia) che cerca ed esige sempre nel prossimo. Cosa che irrita la vittima e la porta a sentirsi stressato e reattivo in un modo che risulta incompensibile a chi non conosce la lunga serie di precedenti.
  17. Ignora in pratica le richieste che gli sono state fatte (nonostante dica di occuparsene) con una forma di aggressività passiva oppure di estrema lentezza.
  18. Produce uno stato di malessere o un sentimento soffocante e infantile di non-libertà che può spingere la vittima a evitare tensioni facendo ricorso in modo pratico ma infantile a omissioni e bugie di cui poi si vergogna e che, spesso, saranno smascherate. Da questo punto di vista, il M. ci fa fare cose che probabilmente non avremmo fatto spontaneamente.
  19. È efficiente nel perseguire i propri fini, ma a spese altrui. E' invece molto avaro nel perseguire, intuire o prevedere i bisogni dell'altro che si sente sempre più depersonalizzato e insicuro. Fino a sprofondare in una vera e propria dispersione dell'identità.
  20. Il M. è costantemente oggetto di discussione tra le persone che lo conoscono, anche quando lui non è presente. Questo lo porterà a dire che è vittima dei pettegolezzi della gente e parla male di lui alle sue spalle.

 

 

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