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IL TEMPO PASSA QUANDO NON E' PENSATO di Carlo Insolia

“Il tempo passa quando non è pensato”“L’arte è la voce del risveglio”
04/01/2006

Dati clinici: Pochi e scarsamente significativi i dati legati all’anamnesi familiare  e gestazionali, perché il bambino è stato adottato all’età di 4 anni e mezzo. Il bambino ha vissuto diversi anni in istituto. All’ingresso nella famiglia adottiva, presentava ritardi in tutte le aree di sviluppo, con notevole iperattività. Dopo pochi mesi ha iniziato terapia riabilitativa e inserito in scuola materna con l’ausilio di un insegnate di sostegno. Nonostante i significativi miglioramenti il bambino presenta in atto: Ritardo dello sviluppo del linguaggio, con frase minima strutturata e dislalie multiple. Ritardo degli apprendimenti scolastici; instabilità psicomotoria; turbe dell’attenzione e della concentrazione. Molto migliorate la relazione affettiva con le figure di riferimento, rimane deficitaria la relazione con i coetani, prevalentemente per l’instabilità e le turbe  attentive. Gioco finalizzato, ma tendenzialmente individuale. Scarsa tolleranza alle frustrazione.

Diagnosi Clinica: ADHD di tipo combinato. Lieve deficit cognitivo, in soggetto con deprivazione affettiva precoce. Ritardo del linguaggio, pluridislalie.

30-12-2008

Esame neurologico: Non eseguibile per scarsa collaborazione, si rivela difficoltà nella coordinazione oculo-manuale e attività psicomotoria caratterizzata da difficoltà attentive e movimento incessante. In ritardo le abilità di linguaggio espressive.

Esame comportamentale: Il comportamento di Sasha è caratterizzato da continuo ed incessante movimento. Poco collaborante con il sanitario, necessita di continui richiami per dirigere l’attenzione che peraltro rimane sempre labile e incostante. Linguaggio non adeguato all’età, con patrimonio verbale povero. :(Azienda Sanitaria Locale n.8- Siracusa Unità operativa complessa di NPI di coordinamento Interdistrettuale U.O.S.N.P.I. di Siracusa). 

06-01-2011

 Sasha è nato a Rostousoldon (Russia) il 17-03-01, ed io l’ho incontrato  diciotto mesi fa,  all’età circa di sette anni e mezzo. E’ venuto insieme alla sua mamma nel mio studio un pomeriggio. E’ entrato camminando molto speditamente,  con la testa bassa, e il suo sguardo fuggiva il mio e  le cose intorno a lui, poi, con incedere sicuro per nulla imbarazzato dalla presenza di persone, oggetti e spazi nuovi, senza salutare si è inoltrato nella stanza,  e come se una sensazione di inadeguatezza lo avesse raggiunto ma con spavalderia, cominciò ad esplorare lo spazio intorno aggirandosi per la stanza a volte con piccoli e tortuosi percorsi, a volte  attraversandola tutta in lungo e largo, e sempre molto velocemente  toccò e guardò  le cose come se fossero a lui trasparenti se non invisibili. Poi mi chiese qualcosa, che più non ricordo,  e mi parlò con una confidenzialità da vecchio amico di classe, per niente intimorito, ed infine saltò sulle braccia di mia moglie, che già aveva incontrato una o due volte, abbracciandola teneramente e baciandola affettuosamente. Gli chiesi di sistemare gli strumenti musicali nello spazio dello studio distribuendoli così un po’ a caso, liberamente, e scegliendo quelli che lo attraessero di più. Con mio grande stupore prendeva e posizionava nello spazio tutti gli strumenti, grandi e  piccoli, e li organizzava con una meticolosità ed un perfezionismo che sapeva di bottega artigianale, l’apprendista che prepara i ferri del mestiere al maestro che da li a poco li avrebbe dovuti usare. Ogni tanto prendeva le distanze e osservava tutto da un punto più lontano, incrociando le braccia e corrugando la fronte, come se la forma che costruiva nel territorio rispondesse ad un progetto presente nei minimi dettagli già  nella mappa, ma una mappa  continuamente cangiante, inafferrabile, che lo costringeva a continui ed a volte millimetrici ed estenuanti cambiamenti. Questo gioco lo attraeva molto e se non fosse stato sollecitato a trovare un punto di fine sarebbe potuto durare all’infinito come se non esistesse mai un luogo definitivo per ogni cosa, per ogni strumento, ma anzi la collocazione nello spazio rappresentava per lui ” il non luogo”.  Così era proprio lo spostamento ed il movimento ad  innescare quello successivo, e quello successivo un altro ancora, e così di seguito senza soluzione di continuità, un moto perpetuo, come  se la sua mente non conservasse la forma precedentemente prodotta  in evidente violazione del principio di conservazione dell'energia. La musica del suo corpo suonava come certa serialità schoenberghiana che sembra non approdare mai e così resta sospesa, in attesa. Sasha, negli anni in cui l’incontro con gli altri, le cose, il mondo avrebbero determinato per caso e per necessità la ricerca della sua tonalità  viaggiando dentro strutture melodiche (voci, suoni), armoniche (eventi, fenomeni ) e ritmiche (tempo e spazio ), non incontrando nè la comunicazione deittica né quella  iconica, è rimasto sospeso fra una terra silente (la sua culla) ed un cielo privo di oggetti (il mondo), posseduto da un moto perpetuo (il tempo), che privo di ancoraggi  non gli permetteva né di categorizzare gli oggetti (la realtà) né di simbolizzare la loro assenza, così presenza ed assenza (oggetto e metafora) si confondevano nell’orizzonte dello sguardo che non incontrava né altro né l’altro. Paradossalmente gli mancava proprio la siepe di leopardiana memoria che da una parte pone il limite e dall’altra permette di travalicarlo. La riflessione intorno e dentro le tematiche esposte mi convinsero che il progetto di lavoro con e per Sasha non poteva incontrare certa musicoterapia di maniera che pensa ingenuamente di risolvere i disagi dell’altro agendo solo nel mondo degli affetti e delle emozioni. Il linguaggio simbolico della musica doveva necessariamente essere intercettato e declinato ad altro livello che quello emotivo, seppur importante. La musica aveva lo scopo di fissare  le correlazioni tra gli aspetti fondativi del proprio codice e  i comportamenti percettivo-motori per rappresentarlo, e così da una parte far emergere la cifra cognitiva che li interpreta  e dall’altra sviluppare     la struttura del pensiero e del linguaggio che li pensa e li comunica.  Declinare così la relazione fra processi di apprendimento ed educazione strutturo-ritmica-melodica, significa   favorire nel bambino lo sviluppo  cognitivo  necessario per costruire abilità e capacità , e quindi accrescere  le  potenzialità a fare, a pensare ed agire. In questi mesi di lavoro con Sasha ho avuto la possibilità di rilevare altresì che il lavoro con la musica  inteso anche  come comportamento musicale è una strategia educativa   di notevole interesse per sorreggere la strutturazione del pensiero del bambino, e favorire lo sviluppo dei prerequisiti che sono alla base dell’apprendimento e quindi della categorizzazione e del concetto.

Sasha,  durante le sessioni di lavoro con la musica, è riuscito a percepire, comprendere e memorizzare strutture, ritmi e comportamenti musicali,  determinando  un diretto legame con il vissuto psicomotorio, relazionale e cognitivo.

Sasha, con grande fatica e con grande senso di responsabilità e di sacrificio, ha imparato in questi mesi attraverso le esperienze con i suoni e  gli strumenti musicali, a sentire le proprie sensazione e percezioni, utilizzandole per orientare e strutturare movimenti ed azioni semplici e complesse.  Le nuove cognizioni  giorno per giorno costruiscono il patrimonio di conoscenze che Sasha scopre nell’operatività del fare e manifesta come propri  nell’assunzione di  comportamenti musicali. Oggi riesce a  scoprire, distinguere e registrare strutture, modelli, connessioni e relazioni valide non solo nel mondo della musica, ma anche nel pensiero e nel linguaggio. In questi ultimi mesi di lavoro riesce  più facilmente, ad astrarre, collegare e simbolizzare, ed utilizza  meno gli oggetti che vede e che tocca come le uniche presenze possibili per eseguire i giochi proposti, segno tangibile che la sua mente costruisce anche in assenza. Il percorso progettuale, i  giochi e le esperienze pratiche, vogliono anche essere di supporto quindi all’acquisizione delle abilità, delle competenze e dei prerequisiti utili per un positivo percorso nella  scuola primaria.

In tutto questo lavoro si è reso  indispensabile riflettere sui meccanismi mentali coinvolti nell’apprendimento,  perché dalla conoscenza di tali meccanismi è possibile non solo tracciare utili itinerari nella direzione proposta (Musica-ADHD di tipo combinato)  ma soprattutto offrire agli insegnanti curriculari  di Sasha un supporto per impostare didattiche più flessibili così come mi è stato richiesto dalla dirigente della  sua scuola , affinchè usino tali conoscenze per capire le difficoltà "mentali e non solo emotive” sia di Sasha che  di altri studenti, e così essere in grado di affinare tecniche adatte al recupero dei più deboli senza dover rinunciare ai forti aspetti formativi delle discipline. Oggi,  quando  Sasha sistema gli strumenti nello studio spesso  li lega con delle cordicelle.  Forse,  vuole simbolizzare  nel territorio una mappa mentale che non è finalmente  sempre in movimento, e potrà vivere anche lui il suo tempo vissuto, e   raccontando  un giorno dire : “ Il tempo passa quando non è pensato”.

Carlo Insolia musicista prof. a contratto Università Catania e Venezia

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