I RAGAZZINI E LE PUTTANE una nota dolente di Ottavio Rosati
Pasqua 2017
Leggendo "Perché Morte non ci separi" (2017), il commuovente libro di Barbara Radice (critico d'arte, seconda moglie di Ettore Sottsass) vengo a sapere che una sera del 1976, a Venezia, davanti a Sottsass, Radice e Vittorio Gregotti (presidente della Biennale Arte), Fernanda Pivano dichiara nel panico generale:
"Sai, Vittorio, da quando Ettore va con le puttane io sono costretta ad andare coi ragazzini".
TA-TAN!
I ragazzini? Lei stava con un Ottavio ragazzino? Peggio ancora: Ottavio ragazzini. Non uno, ma diversi. Senza un Ego. Giusto una funzione. Suona offensivo, ammettiamolo. Anzi atroce.
Chi sono questi ragazzini che io sono per l'immaginario di questa Nanda furiosa che vuole sputtanare il marito alla Biennale?
E a cosa mi fanno pensare? Perché Fernanda nel 1976 si è riferita al nostro rapporto parlando così?
Dopo due ore di meditazione (grazie Corrado) entro in uno stato alterato dove ricevo tre impressioni, tre sospetti per capire cosa le passava per la mente dicendo così:
- I ragazzini come ragazzi di vita, marchette in senso Pasolini.
- Il corrispettivo di quei fornitori di sesso che oggi si direbbero toy boys.
- I ragazzini come Qui Quo Qua, in senso Disney.
- I ragazzini come i due figli di Riccardo e Mary Pivano: Fernanda e suo fratello.
- D'altra parte la frase di Fernanda è una contraddizione perché lei non ha mai ammesso di aver ricambiato (con molta gioia) il tradimento di Sottsass.
nei suoi Diari la Pivano descrive i viaggi a Roma (dove in realtà trovava il sorriso) come La farsa Roma-Barcellona. Cioè la Roma dei ragazzini e la Barcellona delle puttane.
Quindi come la metto?
A quanto pare, il ruolo di "moglie fedele per sempre" dettato dal suo persecutore interno non le consentiva un compagno vero e proprio ma ragazzini di servizo sì. Tanto più che la colpa non è di Fernanda ma di Ettore e delle sue puttane. Ha cominciato lui!
Insomma si capisce che i ragazzini cone pluralità non contano come un amore. Sono un peccato veniale.
Deve essere stato difficile per la Fernanda del 1976 alla Biennale, ammettere con se stessa, due o tre decenni dopo, che i ragazzini le avevano salvato la vita. Eppure lo ha ammesso negli anni Novanta e quando mi ha scritto delle lettere di riconoscenza, stima e benedizione. Del resto nel 2000 mi ha pure dedicato una pagina de I miei quadrifogli, senza contare le decine di cose fatte insieme in trentacinque anni. Di questi ringraziamenti, a mia volta ringrazio Fernanda.
In fondo, come dice Pirandello nel Berretto a Sonagli, non siamo uno, siamo tanti. Con tanti non mi riferisco ai ragazzini ma a quelli che vi si accompagnano.
Concludo:
C'era una Fernanda dei ragazzini.
Una che aveva bisogno di me.
Una di cui avevo bisogno io.
Una che mi diceva: Peccato, Gianni Gianni, che non abbiamo la stessa età...
Una che, amata, mi ha amato.
Una che mi ha insegnato molte e meravigliose cose.
E una che, cancellandomi dai suoi Diari, mi ha costretto a non essere pigro e a scrivere i miei.
Tutto questo lo mentalizzo solo oggi che ho due anni di più di quelli che aveva Fernanda nel 1976 anche se mi sento spesso in vontatto col Puer Aeternus. Anzi con i Pueri che siamo stati noi due, amanti irregolari.