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Conversazione con Marco Greco su "Psychodrame" di J.L. Moreno e R. Rossellini

Dal booklet del DVD edito da Istituto Luce Cinecittà

A seguito della proiezione del filmato “Psychodrame”, 36° Torino Film Festival, 24 novembre 2018.

Conversazione tra Marco Greco, psicodrammatista e presidente dell’associazione Moreno Museum, e Ottavio Rosati, regista e psicodrammatista che nel 1991 portò lo psicodramma nelle case degli italiani col programma di RAI3 “Da Storia Nasce Storia”.

Rosati: Il vostro ritrovamento è una cosa straordinaria! Mi ricordi Aldo Carotenuto quando ritrovò a Ginevra il carteggio tra Freud,Sabine Spielrein e Jung. Ne nacque “Diario di una segreta simmetria”. Quel libro chiarì che senza le debolezze e il genio di questi tre personaggi il concetto di transfert (che oggi per noi è ovvio) non sarebbe mai nato.


Greco: Erano anni che questo film veniva cercato, dagli psicodrammatisti e dai cinefili. Ed è proprio grazie all’archivio di Anne Ancelin Schützenberger, che questo è potuto accadere, tramite il riordino di cui si sta occupando la nostra associazione che ne è affidataria a Torino. Durante la catalogazione abbiamo raccolto degli indizi, delle tracce che portavano a Parigi…

R: Nel 1956 Rossellini, aveva già fatto Roma città aperta, Germania anno Zero. Giovanna d’Arco al rogo, Viaggio in Italia… Noi cercammo questo filmato tramite Claudio Bondi, il regista televisivo di DSNS, che era stato allievo di Rossellini. Ma invano. Tu come ci sei riuscito?

G: Noi abbiamo coinvolto Hélène Schützenberger che, con i dati che avevamo raccolto per individuarlo, ha richiesto il filmato all’INA facendo presente che sua madre era una dei protagonisti del film. Questa può essere stata la chiave. Che tipo di chiave hanno usato loro non ci è noto… Forse era archiviato, con vecchi parametri… Si tratta di un filmato sperimentale del 1956 che non fu mai trasmesso.

R: La RTF non poteva mandare in onda una ripresa così complicata ma ha il merito di aver organizzato l’incontro tra due registi/pensatori che stavano rivoluzionando la psicologia e il cinema. Anche se poi non ne deriva una collaborazione creativa ma un mezzo ingombro reciproco. Come se Hitchcock dovesse dirigere una conferenza di Gandi a bordo di un treno con pochi rulli di pellicola nella tratta Torino-Milano. È comunque qualcosa di mitico. Lo voglio vedere.

G: In effetti, sede prestigiosa ma luogo quanto mai inadatto per l’esperimento complesso di aiutare la spontaneità degli attori che dovevano cimentarsi col meccanismo della diretta televisiva: una sfida più che ardua. Il tutto si traduce in pochi minuti improvvisati dentro ad una stanza piuttosto angusta e affollata… Eil “Vit Vit”, sulla bocca di A.A. Schützenberger nel finale, è il refrain che sottolinea la necessità di fare in fretta perché non c’è tempo, come se non ci fosse abbastanza pellicola.

R: Infatti. È facile notare salti e incongruenze nella conduzione di Moreno e della Schutzenberger che guarda sempre l’orologio. Ma è facile solo perché noi siamo “nani sulle spalle dei giganti” come diceva Vico.

G: Infatti, nel filmato notiamo subito che non c’era un vero e proprio gruppo, secondo i nostri standard, né un iniziale “riscaldamento” delle persone, o una preparazione del contesto; la Schützenberger, forse più sicura perché conosce già l’ambiente e la lingua, accenna ad una definizione del set, facendo costruire la scena attorno ad una scrivania. Tuttavia non si utilizza il pubblico per doppiare ad esempio, o le inversioni di ruolo.

R. Mentre ne “Lo psicodramma di un matrimonio” di Moreno alla Sorbonne c’è molto di quello che lui faceva al teatro di Beacon come direttore di psicodramma. Lì Moreno è al meglio: carismatico ma non direttivo. Invece, entrando alla RTF Moreno entra nella tana del lupo, nella fabbrica delle “conserve culturali”. Gioca in casa del nemico/amico.

G. Anche la conduzione del protagonista appare particolare. Come pure la definizione degli argomenti, come sono scaturiti… Argomenti che sono, peraltro, quelli dell’attenzione dell’Uomo per la politica, che è interesse attivo, creativo, come direbbe lui, per l’Altro… fino all’intera umanità che può salvarsi solo decidendo di mettere al centro l’attenzione relazionale e creativa vicendevole. Forse anche per questo la distinzione tra lui e le persone con cui lavora qui appare più sfumata del solito.

R: Il tema del padre e della preghiera sembrano indotti da un’identificazione proiettiva di Moreno sull’attore che all’inizio polemizza con il padre che lo costringe a pregare e poi (senza nessuna elaborazione) lo incarna se offrisse al figlio un rispecchiamento ideale. Questo è uno psicodramma o l’attore ha messo in scena de Le parole del padre di Moreno?

G: Inventori geniali che hanno approfittato dell’occasione per sperimentarsi a vicenda… Moreno, peraltro ha scritto un documento sul mezzo televisivo da cui si deduce un singolare livello di competenza sulla televisione anche a livello tecnico

R: È il nucleo di una rivoluzione che stava per cambiare il mondo: l’allargamento dei gruppi tramite le reti. Non solo televisive. Moreno non ha inventato Internet ma la ha intuita.

G. E’ anche su questi temi che il filmato ci interroga: la profezia di una comunicazione che diffonde capillarmente istruzione e sollecita creatività e spontaneità, alla fine, quanto si è avverata?

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