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PAUL LEMOINE

PSICODRAMMA O PSICOANALISI? di Paul Lemoine

La differenza essenziale tra psicodramma e psicoanalisi consiste nell'impiego della frustrazione in analisi, vale a dire nell'astensione del terapeuta. Al contrario, lo psicodramma privilegia l'azione. Non che l'astensione non costituisca in sé stessa un atto, un atto analitico che provoca nel soggetto la ripetizione insistente della domanda.
Atto diverso dall'azione del gioco in psicodramma che impegna il protagonista nella riviviscenza di un vissuto dal quale la sorpresa non è esclusa, perché questa seconda occasione costituisce un'esperienza nuova e distinta del vissuto originario.
Queste circostanze terapeutiche condizionano, ben inteso, il transfert che, come si sa, non è lo stesso in analisi e in psicodramma perché legato alle modalità radicalmente diverse delle due cure.

I - Atto psicoanalitico e azione psicodrammatica

L'atto psicoanalitico ha per origine la suggestione, ci ricorda Freud in Ricordare, ripetere, rielaborare. La catarsi di Breuer consisteva ne « la determinazione diretta del fattore che aveva provocato l' apparizione del sintomo, lo sforzo perseguito sistematicamente per ricostituire i processi psichici implicati nella situazione in questione per condurli a scaricarsi grazie a un'attività cosciente. I fini che per queste vie si cercava di ottenere erano il richiamo del ricordo e l'abreazione ».
Ma « in seguito, dopo aver rinunciato all'ipnosi (Freud) si applicò principalmente a indovinare, tramite le libere associazioni del paziente, ciò di cui egli non riusciva a ricordarsi ». Così cominciò la psicoanalisi, ma la suggestione, come si dirà più avanti, non è per questo abolita. Il paziente è sempre sdraiato come nell'ipnosi, ma il terapeuta cessa di insistere affinché i ricordi ritornino. Egli scompare dalla sua vista mettendosi alle sue spalle, ciò che ebbe una conseguenza importante per la messa in luce delle pulsioni orali e anali, delle quali la frustrazione provoca l'insistenza. L'astensione dello psicoanalista è la causa di questa frustrazione. È questo atto psicoanalitico che crea le condizioni favorevoli nel paziente perché rinascano in lui le domande arcaiche che non hanno mai avuto soddisfazione e perché la loro analisi sia ormai possibile. In analisi la ripetizione di certi comportamenti segna il posto dei ricordi più sepolti. Quando un soggetto si comporta con insolenza nei confronti dell'analista, non c'è dubbio, osserva Freud, che egli si comportava così di fronte ai suoi genitori, egli ripete nel transfert invece di ricordarsi.
Se ripetizione e ricordo sono legati per Freud, non è tuttavia indispensabile in analisi ricordare perché la presa di coscienza faccia sentire il suo effetto e, al limite, si potrebbe perfino fare a meno del ricordo. Indicare l'oggetto della pulsione è un approccio, dopo Lacan, familiare.
Noi lo indichiamo anche in psicodramma in tutt'altra maniera. Si faccia riferimento ad alcuni miei articoli e in particolare a    « La domanda e il desiderio » (1).
Tuttavia se insistiamo tanto perché l'avvenimento sia rivissuto tale e quale a come si è verificato, nel tale giorno alla tale ora, è per non mancare il dettaglio insolito, il dettaglio sopravvenuto in quella particolare occasione. Dettaglio molto spesso liberato nel gioco all'insaputa dell'interessato e che accompagna all'affetto la rivelazione della sua causa, l'oggetto a.
Ma questo costituisce anche un modo di riprendere la storia al punto in cui era stata lasciata e di darle un seguito grazie al gioco, dal che la possibilità di rimaneggiarla, vale a dire di correggerne gli effetti. Il gioco ha la stessa qualità di un avvenimento, è un vissuto « altro » a causa dello spiegamento della scena nello spazio, e perché il corpo vi è di nuovo interessato, implicato in quanto prolungamento del detto, in quanto questo detto vi si incarna e le variazioni del detto lo toccano e lo modificano. Questo costituisce una dimensione specifica dello psicodramma: l'azione drammatica consiste nel gioco.
Il passaggio dall'atto analitico all'azione psicodrammatica può modificare radicalmente per un soggetto la sua visione di un avvenimento. Una giovane donna in analisi da cinque anni si lagnava ancora una volta di essere stata violentata all'età di sei anni, ripetendo al gruppo di psicodramma il racconto fatto già tante volte al suo analista. Il gioco della scena le fa scoprire che non è stata solamente vittima ma anche complice, nella misura in cui questa violenza sessuale le ha procurato un godimento che ella riscopre grazie al gioco.
L'attualizzazione del racconto rimette in gioco il corpo e tramite la riviviscenza degli affetti cambia la natura dell'atto psicoanalitico donandogli la dimensione dell'azione. Azione che coincide col cambiamento grammaticale del tempo, col passaggio, dal futuro anteriore del racconto dell'analizzante, al presente. Questo presente impegna il soggetto che fa dello psicodramma in un secondo vissuto in cui egli è di nuovo preso. Torniamo all'esempio. Che il nuovo vissuto della giovane donna arrivata allo psicodramma dopo cinque anni di analisi sia un falso ricordo, che abbia in parte il carattere di un ricordo di copertura, che riunisca tutte le esperienze fatte successivamente a quel lontano evento della sua infanzia, non cambia niente. È un fatto che comunque si produce con lo psicodramma un rovesciamento con cui si ferma per sempre il lamento della donna e che le permette di fare il lutto del suo passato traumatico.
Il gioco mette così una « sicura » alla ripetizione, la blocca e questo costituisce il guadagno che l'azione psicodrammatica permette all'atto psicoanalitico. L'ho constatato a più riprese. Vi rimando al mio articolo sullo psicodramma e la sua funzione di lutto (2).
Qui mostravo anche che ruolo, talvolta essenziale, gioca l'ego ausiliario: egli è talvolta un sostituto del personaggio di un tempo, al punto che il partecipante, trascinato dalla passione, arriva qualche volta a confondere interprete e personaggio, rivolgendosi a questo « morto » come se fosse presente. L'antagonista può dunque, con la sua risposta e con la sorpresa causata dal suo dire (soprattutto quando questo dire è diverso da quello che il protagonista si attendeva), modificare del tutto la relazione del protagonista con questo morto “resuscitato” e riallacciare il dialogo là dove era stato interrotto. La funzione di lutto dello psicodramma è un caso particolare di questo rivolgimento dialettico che provoca l'azione psicodrammatica e dell'arresto della ripetizione; ripetizione che pesava, si è visto, sull'atto psicoanalitico.

II - Il transfert

Poiché la frustrazione è anche un elemento di primo piano, il transfert è diverso in psicodramma e in psicoanalisi. Per questo la risposta di chi fa la domanda dipende essenzialmente dalle circostanze della cura. In analisi « il transfert è anche una suggestione, ma una suggestione che si esercita solo a partire dalla domanda di amore », scrive Lacan. (3).
Probabilmente c'è transfert anche in psicodramma perché vi è un soggetto supposto sapere. Il terapeuta è anche qui per conoscere il desiderio del paziente. Ma vi è pure transfert laterale nel senso che gli altri partecipanti detengono, a titolo di testimoni, una particella della verità terapeutica. La domanda d'amore dunque non è più concentrata su un solo e identico terapeuta. E soprattutto la frustrazione è ridotta al minimo. Il terapeuta in psicodramma non può né frustrare il soggetto né maneggiare il transfert.
Prosegue Lacan: « Queste parole non me le domanda. Egli mi domanda... per il fatto stesso che parla: la sua domanda è intransitiva, non comporta alcun oggetto (...) Che io lo frustri dipende dal fatto che lui mi domanda qualcosa. Di rispondergli, appunto. Ma sa bene che sarebbero solo parole: come ne ha da chi vuole (...) Certo, la sua domanda si dispiega sul campo di una domanda implicita, quella per cui è qui: guarirlo, rivelarlo a se stesso, fargli conoscere la psicoanalisi, farlo qualificare come analista. Ma questa domanda, e lo sa bene, può aspettare» (4).
Così « la domanda è propriamente ciò che nell'analisi è messo fra parentesi, essendo escluso che l'analista ne soddisfi alcuna » (5).
« Intermediaria la domanda, si schiude tutto il passato fino all'estremo limite della prima infanzia. Domandare: il soggetto non ha mai fatto che questo » (6). « L'analista ha a che fare di volta con tutte le articolazioni della domanda del soggetto. Ma deve, come diremo più avanti, risponderle unicamente dalla posizione del transfert » (7), vale a dire come se venisse dalla persona che il transfert gli imputa di essere.
L'analisi sarebbe dunque basata su un errore, errore sulla persona dell'analista? Questo insegna l'esperienza. Un analista incarna di volta in volta tutti i personaggi possibili, personaggi coi quali è d'altronde egli stesso più o meno a suo agio. Questo errore non contravviene in niente all'etica ed è reso possibile dalla frustrazione e da ciò che essa sostiene della domanda, cioè dall'oggetto piccolo a della pulsione, oggetto che è diventato, insegna Lacan, l'analista. Niente di simile accade in psicodramma; poiché gli artifici della cura non sono gli stessi, cambia la risposta di chi fa la domanda di terapia.
Citerò un esempio di passaggio dallo psicodramma all'analisi per illustrare quanto la variazione delle circostanze del trattamento trasformi il transfert anche quando il terapeuta resta lo stesso.
Julie, che in psicodramma presentava di fronte al terapeuta un transfert piuttosto positivo, ha iniziato ad odiarlo passando in analisi con lui. La frustrazione non aveva nemmeno bisogno di essere voluta da parte dell'analista perché si ripetesse il sentimento di aggressione imminente che Julie provava. Le condizioni che caratterizzano l'analisi ( silenzio del terapeuta, libere associazioni, sottrazione allo sguardo ) erano sufficienti.
È interessante notare che la stessa paziente continuava a fare psicodramma con due altri terapeuti diversi e che coesistevano così due transfert, uno di seduzione di fronte all'uomo della coppia psicodrammatica, l'altro negativo di fronte all'analista. Uno dei due transfert sarà falso in rapporto all'altro?
L'uno e l'altro erano veri: essi corrispondevano nel caso di Julie alle due facce della sua ambivalenza di fronte al padre, servendo la seduzione da formazione reattiva ad un'ostilità mai dichiarata e che l'analisi rivelava in tutta la sua intensità.
Così lo psicodramma, privandosi della frustrazione, si priva anche dell'errore radicale sulla persona dell'analista. Errore che è la verità del paziente e che rivela le sue pulsioni più profonde.
In questo caso l'analista è riuscito a mostrare che il rifiuto di Julie riposava su un rifiuto anale di dono, rifiuto con cui reagiva all'attrazione per il padre.
Che la doppia verità dell'analisi e dello psicodramma non sia da ricercare in tutti i casi, è indiscutibile. O perché il caso non esige di essere approfondito dall'analisi con le servitù che questa implica (sedute più numerose, obblighi di tempo); o perché la fragilità del paziente sconsiglia di sollevare certe difese o formazioni reattive. È di questa ultima circostanza che mi occuperò adesso per mostrare che altro tipo di risposta il terapeuta si sforzi di portare.
Una terapeuta recentemente ha voluto consultarmi a proposito di una giovane paziente psicotica con cui aveva avuto solo tre o quattro sedute. L'aveva vista partire con sollievo, perché temeva che la paziente potesse dissociarsi e che lei potesse essere accusata di esserne responsabile. La terapeuta manifestava alla paziente una specie di rifiuto speculare che questa poteva indovinare da certi segni. Per esempio, la terapeuta insisteva perché la paziente venisse di sabato pomeriggio, cosa che la ragazza rifiutava adducendo di essere impegnata a quell'ora in un club dove le era possibile incontrare delle persone, bisogno questo riconosciuto tanto dalla sua famiglia che dal medico.
La terapeuta chiedeva il mio parere anche perché era abbastanza in contatto con questo medico da poter consigliare un altro tipo di terapia per la paziente. Io ho suggerito lo psicodramma. Questo perché ogni paziente prende nel gruppo ciò che è in grado di accettare, cosa che non si verifica in analisi. Se la paziente avesse parlato sdraiata sul lettino avrebbe rischiato senza dubbio la dissociazione. Nel gruppo, al contrario, una sorta di cemento fa stare insieme i pezzi sparsi di un soggetto che soffre di frantumazione. Questo perché l'altro costringe a giocare il suo desiderio e perché tale desiderio dell'altro, che sia quello del gruppo o quello del terapeuta, lo raccoglie.
Guy Bruère-Dawson ha insistito sull'influenza benefica del controtransfert del terapeuta. Egli ritiene che il desiderio del terapeuta sia benefico per il paziente dissociato e che gli permetterà di evolvere verso un miglioramento. Quando per esempio Bruère-Dawson sogna di essere col suo paziente Maurice e che sono entrambi separati dalla madre patria da un braccio di mare (Maurice è nato in Corsica e Guy è nato in Guyana) l'analista riconosce un tratto in comune tra sé e il paziente. In un'altra occasione Bruère-Dawson ha sognato che Maurice cercava lavoro, e, di fatto, Maurice è migliorato ed ha iniziato a trovare lavoro. Si tratta qui senza dubbio di suggestione, ma l'amore sembra stare più dalla parte del terapeuta, al contrario di ciò che si verifica in analisi. Gli psicotici richiedono da parte del loro medico un grande desiderio: è lui che provoca il loro desiderio, ragion per cui il rifiuto del terapeuta trova immediatamente un'eco nel paziente. La giovane paziente citata prima è un buon esempio del caso contrario all'amore.
Si tratta dunque, nello psicodramma di psicotici, di un controtransfert rovesciato e restituito in rapporto a quello dell'analista. La frustrazione non interviene e il ricorso al desiderio del terapeuta, addirittura alla sua identificazione, appare come leva essenziale della cura. Il desiderio del terapeuta implica anche un errore sulla persona perché il terapeuta non potrebbe essere in alcun modo identico al suo paziente. Ma questa identificazione sa rispettare il sintomo, e arriva, come abbiamo visto con l'ultimo esempio, a sposarne i contorni, e per questo non comporta rischio di dissociazione.

Conclusione

Scegliere lo psicodramma o l'analisi dipende dal bisogno di terapia, dal modo in cui il paziente ne articola la domanda e dai limiti del campo di queste due discipline. L'una e l'altra hanno vantaggi e i loro inconvenienti.
Vantaggio della psicoanalisi è la frustrazione che fa ritornare le pulsioni arcaiche a detrimento delle pulsioni scopiche: abbiamo visto come in un'occasione, dietro un transfert psicodrammatico di seduzione, l'analisi smascherasse un transfert negativo ignorato.
Vantaggio dello psicodramma: il gioco interrompe la catena delle ripetizioni, a volte mantenute dall'atto analitico, e mette in luce, grazie al ritorno di un dettaglio rimosso oppure ad un intervento a sorpresa, un desiderio ignorato. Tale momento è essenziale in quanto è di un rivolgimento dialettico.
Altro vantaggio è che lo psicodramma è indicato per un campo più vasto, soprattutto quello della psicosi; il gruppo crea uno spazio dove il desiderio del paziente può trovare modo di ricostituirsi.
La psicoanalisi, come lo psicodramma, si basa sulla suggestione, cioè sul credito fatto a un terapeuta che si ritiene sappia della malattia più del paziente stesso. È dalla conduzione della cura che dipendono le risposte che da a se stesso chi formula la domanda, secondo che abbia scelto l'uno o l'altro approccio. Si imboccano qui in effetti due vie distinte legate entrambe ad artifici, che sono allo stesso tempo fonte di errore sulla persona e fonte di risposte suggerite, secondo che si sia realizzata l'una o l'altra condizione di cura.


(Trad. di Ottavio Rosati)

(1) Paul Lemoine, «La domanda e il desiderio», in Jouer-Jouir, Atti dello Psicodramma, anno V, Astrolabio, Roma, 1980, p. 84.
(2) Paul Lemoine, « Lo psicodramma e la sua funzione di lutto », in Jouer -Jouir, cit., p. 98.
(3) Jacques Lacan, Ecrits, Seuil, Paris, 1966 (trad. it. di G. Contri:  Scrìtti, Einaudi, Torino, 1974, voi. II, p. 631.
(4) Op. cit., p. 612.
(5) Op. cit., p. 637.
(6) Op. cit., p. 613.
(7) Op. cit., p. 614.

                                                                           SUMMARY

Psychodrama or psychoanalysis?
The acting-out in psychodrama distinguishes psychodrama from psychoanalysis. The psychoanalytic act in psychoanalysis consists in the abstention of the therapist which, together with the patient's frustration, causes the revocation of his early experiences. In psychodrama, however, acting and play are real events. They permit the taking up of the matter in hand where the patient left it and the correction of its present consequences.

The A. sustains that the intervention of the auxiliary ego in play can arrest repetition and spark off the mourning process in the protagonist.
Some examples demonstrate that the two forms of therapy distinguish themselves in transfert articolation. The A. sustains that in psychodrama the therapist should neither frustrate the patient nor control his transfert.
The importance of the countertransfert in the psychodramatic therapy of psychotics is also discussed. In a small group a context is made in which the desire of the patient can be reconstructed.

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