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IL GIOCO SPORCO E IL GIOCO PULITO DI SABINA SPIELREIN di Ottavio Rosati

 Rivista di Psicologia analitica, Giugno 1988

Col Diario di una segreta simmetria (Astrolabio- Ubaldini, 1980) dove ricostruisce l’esperienza dell’analista Sabina Spielrein tra Jung e Freud, Aldo Carotenuto ha delineato una pagina insospettata e stimolante della storia del movimento psicanalitico. Il suo lavoro è basato su documenti rinvenuti da Carlo Trombetta nel 1977 nei sotterranei del vecchio istituto di psicologia di Ginevra: la corrispondenza autografa tra la Spielrein e Jung (46 lettere di Jung, 12 di Sabina), la corrispondenza tra la Spielrein e Freud(21 lettere di Freud e 2 di sabina), il diario di Sabina nel 1909 al 1912 e lettere varie di Bleuler, Rank, Stekel. Le rivelazioni che se ne traggono, tra l’altro sembrano confermare la teoria, già da anni avanzata da Carotenuto, circa la natura personale più che scientifica della rottura tra Jung e Freud. Il libro, com’è noto, ha suscitato reazioni in campo extrascientifico dove l’interesse si mescola a una tartufesca paura di scandalo pseudo-analitico o pseudo-femminista che vedrebbe in Sabina un’Emily neo-gotica prigioniera. Cercando di commentare l’importanza di questo lavoro e il suo esito, converrà innanzi tutto riassumere la vicenda della Spielrein. Che nacque in Russia a Rostov sul Don nel 1885 da una famiglia piuttosto colta , ricca, permissiva che vantava due nonno rabbini assai stimati nella comunità. La madre di Sabina tanto affascinante da scatenare dei suicidi per amore, era posata infelicemente a un uomo di cui poco traspare oggi se non una notevole capacità dati i tempi, di favorire in ogni momento della storia l’emancipazione della figlia rispetto al formalismo convenzionale di quegli anni. Primogenita e con tre fratelli piccoli, Sabina resta intrappolata da  bambina in un mondo interiore di fantasie nel quale fugge lontano dall’infelicità dei suoi genitori. Nei giochi infantili della Spielrein Carotenuto evidenzia, seguendo Giuseppe Maffei la polarità onnipotenza/impotenza propria del ondo psicotico: Sabina gioca da sola senza limiti né compagni ma d’altra parte tenta invano di dare vita ai pupazzi che modella, come Dio, nel fango. Il desiderio di poter scappare lontano dall’infelicità della madre la porta a desiderare un incubo in cui viene rapita da casa da animali misteriosi verso la distruzione. E’ curioso che i giochi della piccola Spielrein (cognome che alla lettera significa gioco pulito) constano dell’impiastricciare sostanze diverse e quotidiane, con una partecipazione emotiva spiegabile sia in termini di analità che di alchimia. Sabina esulta se finalmente trasforma un pezzetto di stoffa in carta manipolandolo con sostanze sconosciute e sviluppa un sintomo consistente nel ritenere a lungo le feci sedendosi sul calcagno. Non può fare a meno di immaginare chiunque nell’atto di defecare finché il suo isolamento cresce al punto da chiudersi gli occhi con le mani. Sarà il giovane Jung a farglieli riaprire al Burgholzli, l’ospedale psichiatrico di Zurigo, dove la Spielrein viene ricoverata nel 1904 con la diagnosi ambigua di isteria psicotica. Sin da questo momento è presente Freud al quale Jung si rivolge per lettera chiedendo consigli sul difficile caso che affronta attraverso i concetti freudiani  che in quel periodo studia e sperimenta.

Nel commentare questa fase della storia, Carotenuto osserva come nell’esperienza della Spielrein Jung entri come l’unico che , in un’epoca di aride catalogazioni nosografiche, si preoccupasse di gestire la paura schizofrenica che la Spielrein aveva del proprio sguardo risolvendo il terrore della sua potenzialità distruttiva e incontrollabile. E’ comunque evidente che il transfert che rese possibile questa uscita dall’isolamento fosse di natura psicotica, tale da cogliere nel medico non una figura di tipo paterno ma il padre tout court, al di là di qualsiasi mediazione simbolica. Solo più tardi la Spielrein manifesterà due caratteristiche psicologiche per lo più estranee all’esperienza psicotica: la tensione continua verso la verità e la ricerca di un terzo personaggio arbitro e mediatore delle difficoltà delle relazioni duali.

Il trattamento della Spielrein ha pieno successo anche per la notevole intelligenza di questa fanciulla. Uscita dall’ospedale, Sabina prosegue i colloqui con Jung al di fuori  di quello che chiameremo oggi un setting regolare. Poi, incoraggiata dal giovane medico, si iscrive a medicina e si laurea in psichiatria, avendo già alcuni lavori pubblicati al suo attivo. Negli interstizi di questa relazione non definibile come una vera e propria analisi ma certamente terapeutica, Sabina e Jung vivono, oltre a un rapporto di studio e collaborazione, una storia d’amore di breve durata. Il profondo coinvolgimento reciproco dell’incontro in ospedale, una certa insoddisfazione affettiva nella vita familiare di Jung, indubbie affinità di temperamento e gusti concorrono a intrecciare transfert e controtranfert in un plot extraanalitico e piuttosto wagneriano. Sabina è una donna intelligente, anticonformista, idealista e fino a quel momento totalmente isolata. Non sorprende che sui lunghi tempi la sua implicazione affettiva con Jung si riveli incompatibile colla vita matrimoniale del giovane psichiatra al quale Sabina inizia a parlare di un possibile figlio di nome Sigfrido, che nascerà più tardi ma sotto forma di libro. Ecco dunque che Eros e Psiche si rincorrono e mancano tra inferni privati e scrupoli familiari. L’aspetto coscienzialistico, professionale e familiare della vita di Jung entra in conflitto con l’immersione in quella profonda affinità psicologica e spirituale che aveva reso possibile la guarigione della Spielrein paziente. La tesi del Diario di una segreta simmetria già avanzata da Carotenuto nel 1978 in Senso e contenuto della psicologia analitica è che, attraverso la Spielrein Jung fosse certamente entrato in contatto con la sua poderosa immagine controsessuale endopsichica, da lui teorizzata come Anima. Per ancorare i fatti a delle date, va tenuto presente che, se nel 1907 la relazione era ancora sotto controllo (Jung presenta il caso Spielrein a un congresso per illustrare la teoria freudiana dell’isteria), le lettere del 1908 (allorché Sabina ha lasciato l’ospedale da tre anni e segue le lezioni di medicina) hanno invece un tono distaccato e didattico. Queste lettere mostrano come i due avessero l’ambizione di chiarire un rapporto passionale ormai conclusosi e come Sabina cercasse di mantenere in ogni caso una buona immagine di Jung. La completa autonomia della Spielrein sembra indiscutibile a partire dal 1914. Quanto a Jung, i una lettera del 1911, dove confessa tra l’altro che l’amore per la Spielrein aveva reso coscio in lui qualcosa che fino ad allora era confuso, egli riflette con maturità e distacco a “tutto il tormento che io per Lei e Lei per me insieme abbiamo sopportato”.

Qual è il ruolo di Freud nell’intera vicenda? Sappiamo che Jung si rivolge a Freud prima in cerca di aiuto professionale (seconda lettera dell’epistolario, 1906) poi aprendosi in una completa confessione ( 7 marzo 1907).

 Ma anche Sabina si rivolge a Freud dal 1909 e lo fa all’insaputa di Jung.

Si trattò probabilmente dell’unico modo per rispondere al tradimento di Jung: occorreva infatti ricorrere ad una figura paterna valida agli occhi di entrambi e in una posizione altrettanto prestigiosa, se non di più, di quella di Jung. Freud dapprima consiglia diplomaticamente una “liquidazione endopsichica dell’intera faccenda” ma poi accetta la richiesta di recarsi a Vienna per analizzare con Freud la sua dipendenza da Jung. Accettando l’invito e restando successivamente a Vienna fino ad entrare nel cenacolo di Freud, la Spielrein agisce una sua sottrazione, di risposta alla sottrazione di Jung. Forse è più col suo matrimonio professionale colla Società Psicoanalitica di Vienna che col matrimonio con dr. Scheftel con cui vivrà a Berlino che la Spielrein risponde al primo atto della sua storia e ritira, almeno in parte, la sua identificazione proiettiva. Sabina ha sperimentato una rave delusione ma non regredisce alle sue condizioni d’origine come sarebbe possibile. I due “matrimoni” che intraprende non solo ristrutturano il sui io ma in qualche modo le permettono di identificarsi nel suo oggetto d’amore. Con essi Sabina annette alla propria esistenza due delle istanze in nome delle quali Jung ha trovato dei limiti alo sviluppo della relazione con lei: la famiglia e la professionalità. Più tardi, allorché vine  delinearsi la rottura tra Freud e Jung, è Sabina ad occupare al fianco di Freud un posto filiale che era stato di Jung: nella prima lettera di questa triangolazione è Jung a parlare a Freud della Spielrein in cerca di aiuto per lei; nelle ultime è la Spielrein che parla a Freud di Jung con affettuosa comprensione e superiorità. Quella che è stata una fanciulla gravemente ammalata, è finalmente in grado di difendersi, anche aggressivamente, da chi può ferirla. Ma non è questa una conferma del talento terapeutico di Jung stesso, si chiede Carotenuto?

Va tenuto presente che la maniera in cui Freud considera la relazione tra Jung e la Spielrein muta man mano che muta il suo personale rapporto con Jung. Dalla iniziale neutralità Feud raggiunge a un certo punto la convinzione che se Sabina ama Jung è perché non ha portato alla luce l’odio che a Jung si addice. Sembra confermata la tesi di Carotenuto che nelle motivazioni esclusivamente teorico-scientifiche, di per sé, non possano ragionevolmente  giustificare la rottura tra i due pensatori. E’ importante che nella corrispondenza tra Freud e Spielrein, Jung è all’oscuro come di quella, limitata a poche lettere, tra Freud e la moglie Emma, di cui viene a conoscenza per caso. E’ la seconda volta che Jung viene tradito con la complicità di Freud da una donna da lui analizzata e amata. E’ una prova ulteriore che non solo la formulazione di una teoria ma anche la sua incompatibilità con un’altra teoria, a prescindere dal dibattito puramente teorico, esprimono problemi personali. Scrivendo Diario di una segreta simmetria con questa convinzione, Carotenuto è coerente nel fare ricorso alle vicende personali di Jung per ribadire il concetto junghiano che in psicologia lo statuto scientifico di una formulazione è garantito dalla consapevolezza del suo relativismo. Concetto assai vicino a quello per cui varie teorie esprimono vari tipi psicologici. La Spielrein da parte sua presenta nel 1912 il saggio La distruzione come causa della nascita a sua volta suscettibile di questo tipo di considerazione. La sua teoria è che l’istinto riproduttivo, anche da un punto di vista psicologico, sia costituito da due componenti antagoniste e sia perciò altrettanto un istinto di nascita che di morte e distruzione. Sarebbe difficile, alla luce delle notizie offerte dal libro di Carotenuto, non cogliere anche qui il nesso tra questa idea e le vicende personali della sua autrice. Bata pensare all’infelicità familiare che accoglie Sabina alla sua nascita o alla forte carica distruttiva “fusa” con l’amore e la gratitudine in quel desiderio di avere un figlio da Jung, che implicava necessariamente a distruzione della vita attuale dell’uomo cui era rivolto.

 Il saggio della Spielrein è un fatto rilevante anche nella storia di Freud.

La contrapposizione tra pulsione di morte e pulsione libidica formulata da Freud nel 1920, ripercorre indubbiamente la formula che anni prima Freud aveva sentito esprimere dalla Spielrein e che aveva rifiutato. Perché Freud negli ultimi anni di vita disse che il suo dualismo ripercorreva quello Empedocleo di filia e neikos rimastogli nell’inconscio dai tempi del liceo, scavalcando la formulazione di Sabina? Anche nel caso di Feud perciò la Spielrein è mediatrice di una formulazione teorica altrettanto spessa di quella che ispira  a Jung: L’Anima, di cui Sabina gli offre un’immagine attraente e respingente, meravigliosa e diabolica, esaltante e deprimente. La Spielrein non è solo catalizzatrice di teorie e rotture. Nel libro appare impegnata nel tentativo di conciliare Freud e Jung allorché i loro rapporti arrivano a una rottura. Cesare Muatti, aprendo il dibattito sul Diario con un intervento del 6 Marzo sul Corriere della Sera, ha osservato una certa analogia con Loux Salomé. Entrambe queste donne ebree russe appaiono implicate nello sviluppo del movimento psicoanalitico e nelle polemiche interne al movimento: la Salomé fu amica contemporaneamente di Freud e Adler e, pur restando dalla parte di Freud, cercò di comporre il suo dissidio con Adler. La non inconciliabilità delle teorie di Freud e Jung è al centro di molte riflessioni con cui Sabina cerca di metabolizzare autenticamente le loro teorie dell’inconscio, sforzandosi con sincerità e finezza di distinguere i problemi reali da quelli dovuti a semplici equivoci terminologici o a malintesi. Comunque è sempre all’interno della Società Psicoanalitica di Freud che la Spielrein lavora a Berlino, Ginevra( dove fa un’analisi a Jean Piaget)  e finalmente nella madre Russia. Alla quale torna dopo il 1932 illudendosi di poter gestire  con criteri psicoanalitici una casa per bambini e infanti e per insegnare all’università, fino al momento in cui le sue tracce si perdono (1935-1937) insieme con l’ufficialità della psicoanalisi.

Questi dunque i fatti. Che potrebbero comporre un capitolo apocrifo delle biografie ufficiali e dell’autobiografia di Jung Sogni, ricordi, riflessioni, concepita più sui ritmi dell’esistenza interiore  e intellettuale che sugli avvenimenti concreti in una possibile futura pubblicazione delle lettere di Jung e Sabina (nell’estate dell’82 la Rivista di Psicologia Analitica ha pubblicato quelle di Freud) permetterà di chiarire anche meglio come ha auspicato Cesare Musatti, i motivi per cui “i due geniali indagatori della psiche siano stati costretti a mantenere la loro inimicizia fino oltre la morte”. Già così il libro permette  di cogliere il chiaroscuro di questo grande amore intellettuale dove le contraddizioni non risparmiano, com’è giusto, nessuno. Carotenuto evidenzia ad esempio come la valutazione che Jung dà del lavoro scientifico della Spielrein oscilli secondo che si riferisc a lei o a Freud. Ma oscillazioni del genere percorrono tutto il perimetro di questo triangolo d’eccezione. Il libro è aperto da una citazione di Goethe: il passato è fragile, trattalo come se fosse rovente. Fragili e roventi sono i fatti e le fantasie di questa vicenda che, come il ferro, resta sempre possibile, entro certi limiti, modellare secondo le proprie convinzioni. La tesi dell’autore è che non è facile capire se quello tra Jung e la Spielrein sia stato un vero amore o se l’intero episodio sia giudicabile come un incidente nell’area del transfert-controtransfert. Anche nei veri amori una serie di proiezioni è sempre rinvenibile e d’altra parte Jung dichiara a Freud parlandogli di sabina di averle offerto un’estrema dedizione. Colpisce tra le tante una frase in cui Jung interpella Sabina: “in questo momento Lei dovrebbe rendermi un po’ di quell’amore, di quel debito, di quell’interesse spassionato che ho potuto darLe al momento della Sua malattia. Ora sono il l’ammalato…”. Non sorprende oggi un invito come questo dove la richiesta d’amore viene fatta in relazione a un impegno passato di tipo psicologico e dove la più scoperta delle richieste d’amore è espressa senza abbandonare il registro del Lei e dunque del rispetto dell’alterità. Anche Augusto Romano, recensendo il libro, ha notato come la distinzione tra analista e uomo, intellettualmente così seducente, rischia di confondere le ideee anziché chiarirle, giacché l’analista porta sempre nell’analisi la sua personalità e i suoi problemi di uomo. Potremmo aggiungere che solo chi guarda dall’alto di una recensione giornalistica  perché da nano si arrampica sulle spalle di giganti, può considerare la riproposta di questa vicenda come uno scandalo inopportuno o una conferma di antipatie teoriche. Parlando dell’amore di controtransfert di Jung, Carotenuto ha proposto che, sempre, in un momento doloroso della vita dell’analista l’amore possa indicare il modo per superare una momentanea difficoltà a comunicare. E che analogamente per una paziente come la Spielrein il prezzo da pagare per uscire dal proprio isolamento consista nel passare per uno stato amoroso e passionale tanto più violento quanto più, precedentemente, regnava il silenzio. Ma è appunto allo svolgersi concreto di queste situazioni  allorché parevano inaffrontabili nel contesto terapeutico, e addirittura inverificabili, che dobbiamo la nostra attuale capacità di decifrarle. Perciò chi ritiene inopportuna la pubblicazione di questi documenti dimentica che, in ogni caso è, a partire da Eros che raggiungiamo Psiche. Nel senso non volgare per cui i giochi si fanno puliti, sempre pi puliti perché qualcuno un tempo ha affrontato la totalità della propria esperienza con coraggio e creatività. Anziché sbirciare dall’alto di un balconcino storico armato, almeno in teoria, del senno di poi.

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