UN ACTING OUT A TRE - La rete impossibile, 2015
In quel periodo ero perdutamente innamorato di una donna inglese, bella, complicata e coinvolgente (in chiave Spellbound vale a dire "sono più matto di te perché tu sei matta ma io ti voglio salvare a tutti i costi) che qui chiamerò J. Mi piaceva moltissimo, non facevo che pensare a lei e darmi da fare per risolvere i suoi problemi di cui avevo una conoscenza molto accurata ma inutile.
Lei era nata in Inghilterra da una madre avara e glaciale e da un padre bello e distante. Viveva in Italia da venti anni riscaldandosi col cuore della Madre Mediterranea.
A un certo punto della relazione, visto che J. manifestava grosse contraddizioni e alternanze di umore e che mi aveva chiesto di mettere tra noi un testimone. La portai da un collega di scuola junghiana che chiamerò B. e che avevo scelto (sbagliandomi) non perché fosse un esperto di terapia di coppia ma perché era gay (quindi non seducibile da J.) e anche lui di lingua inglese come lei- Disgraziatamente B. si comportò malissimo da tutti i punti di vista sin dalla prima e per me unica seduta. A metà dell'incontro, quando J. disse che le sarebbe piaciuto venire da sola, invece di interpretare la mossa o tentare una mediazione, B. la accettò al volo. Il fatto che B. fosse gay non gli aveva impedito di essere invidioso e di fare un grossolano acting edipico tradendo il setting che avevamo stabilito tra di noi.
Fu solo l'inzio di una reazione a catena di problemi perché la presi malissimo. Quando mi lamentai del comportamento di B.. il mio analista convenne che non solo si era comportato in modo scorretto ma che non aveva capito nulla della situazione della "povera" J. non una semplice nevrotica in cerca di individuazione ma un soggetto scisso, con tratti borderline assai difficili (quasi impossibili) da gestire.
Col senno di oi mi rendo conto che non poteva andare che in questo modo. La dinamica nacque dalla combinatoria delle fantasmatiche di ognuno di noi eppure la regia prevalente fu quella di J. O meglio del suo disturbo della personalità, fondato sulla scissine e la posizione schizo-paranoide. La condizione per cui "la psicoterapia" demagogica di B, potesse fare presa su di lei e ottenere alcuni risultati a singhiozzo sul piano della credcita autonoma era che venisse da un mio nemico, non da un mio alleato. Due maschi in alleanza, sia pure a suo vantaggio, erano inconcepibili per J. Uno dei due doveva abitare nell'odio. Un odio estremo, archetipico, da cervello rettiliano: odiare l'altro ed essere odiato dall'altro davanti ai suoi occhioni spaventati di povera-bambina-spaventata. Solo mettendo O. in una posizione antagonista a B., B. poteva diventare un alleato "buono" di J, degno di essere frequentato sia pure di nascosto ed ascoltato, sia pure con difficoltà. Migliorare doveva essere una colpa segreta. Fui dunque costretto a giocare e sentire fortemente la parte del cattivo in posizione contro-omosessuale. In quel periodo tendevo a coprire B. di epiteti ingiuriosi: "il frocetto junghiano", "checchina zurighese", "miserabile verme della psicoterapia", "la figlietta illegittima della signorinavonfranz"... Sognai molto lucidamente di dare fuoco al suo studio, di aspettarlo fuori del portone e di prenderlo a calci, presi in considerazione la possibilitàdi bucargli le ruote della macchina e di noleggiare un drone che entrasse nel suo studio dalla finestra per atterrare su un armadio e registrare le loro sedute. Un secondo drone (quello a zanzara usato dalle forze armate americane) avrebbe invece sganciato bombette puzzolenti nel locale. Avrei anche affittato un escorti irresistibile che seducesse il suo compagno e se lo scopasse con tale veemenza da disamorarlo del loro rapporto ormai moscio e polveroso, ammesso che ci fosse mai stato un momento di festa.
Un sogno stupefacente dicendo che non ora raccontarlo a B.: J. è tornata a vivere da O. in una nuova casa. Intanto l'industriale è morto e non si sa dove mettere la sua bara. Le propongono di sistemarla nello studio di O. In cambio non dovranno pagare l'affitto. Lei dice che è impossibile lavorare in condizioni simili ma O. invece accetta l'accordo.
Quando mi racconta il sogno, a una settimana di distanza dalla morte dell'industriale, rimango abbastanza seccato. Faccio una serie di osservazioni chiarendo soprattutto che il contenitore del lutto impossibile sarei io. Perché non porta la bara nelo studio di B.? Perché tutte le rogne sono rifilate a me.