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ATTI DELLO PSICODRAMMA 4

 

primo

 

SIGMUND FREUD Personaggi psicopatici sulla scena
 

Se scopo del dramma, come si ritiene dai tempi di Aristotele, è quello di suscitare "pietà e terrore", di provocare una "purificazione degli affetti", potremo dire, ampliando tale descrizione, che l'intento è di far scaturire fonti di piacere o di godimento dalla nostra vita affettiva, allo stesso modo che il comico, il motto di spirito e simili le fanno sgorgare dalla nostra attività intellettuale la quale, per altro verso, aveva reso inaccessibili molte di queste fonti. E' certo che lo "sfogo" dei propri affetti ha qui il primo posto, e il godimento che ne risulta corrisponde, da un lato, al sollievo che da ogni scarica copiosa e, dall'altro, al concomitante eccitamento sessuale che, presumibilmente, procura un profitto accessorio ad ogni risveglio di un affetto e che conferisce all'uomo il tanto ambito senso di un elevamento di tensione del proprio tono psichico.

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JACQUES LACAN Sosia
 

Proponiamo qui la traduzione della prima parte di una lezione tenuta dal Dottor Lacan I'8 giugno 1955, nell'ambito del suo Seminario di formazione per psicoanalisti nell'anno 1954-55 (edita da pag. 301 a pag. 313 nel volume secondo de «Le Séminaire» di J. Lacan - «Le Moi dans la théorie de Freud et dans la technique de la psychanalyse» - apparso a Parigi nel 1978, alle Editions du Seuil).

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PAUL LEMOINE Lo Statuto dell'inconscio e la sua indipendenza sul problema dell'interpretazione
 

II 2 dicembre 1959, alla fine di una relazione al seminario sull'abbozzo di una psicologia scientifica, Lefèvre Pontalis pose a Jacques Lacan una domanda che rimetteva in questione la sua teoria del significante. Questi se ne accorse subito, per cui gli rispose a lungo nel corso dei due seminari successivi: del 9 e del 16 Dicembre 1959. Questa domanda ha, ancora oggi, qualche interesse per noi, in quanto concerne un punto essenziale, quello dell'interpretazione. Che cosa succede a questo punto? Come opera la parola? Che cosa chiama in causa nell'inconscio? La domanda di Lefèvre Pontalis e la risposta di Jacques Lacan vertono su questi punti essenziali. Vedremo quali sono le loro implicazioni teoriche e cliniche.

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GENNIE LEMOINE Sogno e gioco nello psicodramma tra realtà e reale
 

Non è raro che i partecipanti di un gruppo portino alla seduta un sogno ed è quasi di prammatica che lo facciano dopo la notte di intervallo tra le due giornate del weekend, alla prima seduta di domenica mattina. Per un certo periodo di tempo ero tentata di far fare, al narratore delle libere associazioni e di favorirne l'anamnesi, come si fa in una seduta di analisi individuale. Così facendo però si bloccava la narrazione dei sogni che questo sogno suscitava negli altri partecipanti del gruppo, e avevo la sensazione di costringere tutti ad ascoltare solo una persona del gruppo, che di conseguenza, finiva per essere non meno esclusa.

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ANNE CAINE Un errore tecnico in psicodramma
 

E' ormai banale dire che il primo grido, quello della nascita, è un grido d'angoscia. Questo grido, secondo Paul e Gennie Lemoine, diviene presto un grido che domanda, ma che significa il bisogno del corpo, la fame. La fame però sarà veramente soddisfatta solo quando la soddisfazione sarà accompagnata dall'amore. Mi sembra importante ricordarlo prima di raccontare un caso con cui vorrei mostrare quanto il colloquio preliminare con l'analista e la prima seduta di psicodramma siano costituiti da una trama di relazioni privilegiate che è molto pericoloso per il successo della terapia non comprendere in pieno.

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GIULIANO SCABIA La maschera del teatro
 

Ferrara, 10 gennaio 1978 - Nella bruma si muove una figura nera, tonaca lunga e maschera di tela che le avvolge tutto il capo, occhi grandi cerchiati di bianco. Sarà la morte? La figura, che ha maniche ampie e incede lentamente, tende un filo rosso da un alberello all'altro. E' un ragno, dice qualcuno. Un ragno che tesse la tela (ma come ragno è poco riconoscibile). Ci sono due sui trampoli, davanti all'entrata di un edificio vetrato, di nuova architettura, un ragazzo e una ragazza, lei nera, lui viola baffuto e colorato. E' San Bartolo di Ferrara, manicomio aperto, i giorni del Convegno sulla Scopa Meravigliante, ovvero della ricerca teatrale e dell'immagine nella destabilizzazione dei manicomi. Ci sono infermieri col camice bianco, degenti, medici psichiatri, giovani, teatranti, animatori, studenti. Davanti all'edificio moderno c'è un convento antico - là ci sono alcuni reparti, una parte restaurata, la maggior parte ancora cadente.

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G. OTTAVIO ROSATI Intervista a Meredith Monk
 

Potresti darci una tua breve autobiografia? Sono nata a Liverpool. Mia madre cantava: radio, televisione, dischi. Mio padre aveva un deposito di legnami a New York. Io son cresciuta per lo più sulla costa orientale degli Stati Uniti. Ho cominciato a danzare e a cantare che ero piccolissima e in fondo ho trascorso tutta la mia infanzia - a studiare musica, danza e teatro. Poi, da adolescente, sono andata a studiare al Sarah Lawrence College e mi sono diplomata in performing arts e ho cantato, ho danzato, ho recitato e ho cominciato a creare qualcosa di personale. Sono arrivata a New York nel 1964 ed ho cominciato a fare il mio lavoro personale: soprattutto degli a solo e dei duetti che ancora si muovevano nell'ambito delle concezioni che esistevano a quel tempo in fatto di danza, ma facendosi strada più che altro nella direzione di una forma di teatro.

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MARIO PROSPERI Per Giuliano Vasilicò
 

Giuliano Vasilicò deve molto della sua formazione alla Svezia, dove passò ben otto anni. Tornato a Roma nel '68, si unì brevemente al Laboratorio condotto da Giancarlo Nanni al Teatro La Fede. Prese parte ad uno spettacolo: Escurial, di De Ghelderode. Ma il barocco un po' futile, la ridondanza sensuale, l'immotivata concitazione impressa da Nanni allo spettacolo gli erano estranei e gli divennero presto antipatici. Giuliano ha qualcosa da dire come autore e non si lascia intimidire dalle difficoltà. Si trasferisce al Beat '72 e mette in scena, nel '69, Missione psicopolitica, ove si tratta di una bambina che ambisce alla violenza di un maniaco. Attorno a questo nucleo morboso e paradossale si aggrovigliano frammenti di altre vicende, attraverso documenti e interviste, che danno il quadro di un tragico squilibrio paurosamente aperto sotto i piedi della società.

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