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LA QUERELA DELLE DONNE di Gennie Lemoine

Parleremo qui dell'uomo e della donna come se la distinzione tra loro fosse scontata. Ci basta, infatti, che si distinguano in quanto ciascuno costituisce il fantasma dell'altro. A partire da qui è possibile chiedersi per quale strada questo fantasma li sospinga e fin dove li conduca.
In realtà oggi li conduce ad una situazione di crisi. C'è disputa e querela (2), querela nel senso giuridico del termine. Ma i motivi allegati sono tutti insostenibili. Come tutte le razionalizzazioni, infatti, nascondono e difendono un beneficio inconfessato; e se è vero che nessuno deve né può accettare la schiavitù, l'unica questione che rimane aperta quando la schiavitù è accettata o addirittura richiesta, è la seguente: è accettata perché, a quale scopo?
Tuttavia non è possibile evitare di ascoltare questa lagnanza. E se le ragioni allegate dalle donne sono poco convincenti, è nondimeno necessario prendere atto della loro violenza come ragione, contro la violenza subita. Si tratta di una querela che è stata definita, ormai per sempre, nel mondo mitico da Demetra e Kore e che si riduce a queste parole urlate, vomitate da Marie Cardinal, nel racconto della sua analisi (3) "Se avessi potuto sapere il male che lei (mia madre) stava per farmi, se .... avessi potuto immaginare l'orrenda inguaribile ferita (4) che lei mi avrebbe inflitto, avrei gettato un urlo. Ben piantata a gambe divaricate, sarei andata a cercare in me il lamento fondamentale (5) che, lo sentivo, stava prendendo forma; l'avrei condotto fino alla gola, fino alla bocca e di qui sarebbe uscito dapprima in modo sordo come un suono di corno da nebbia; quindi si sarebbe gonfiato come un uragano. Avrei gridato da morire e non avrei mai udito le parole che lei stava per far cadere su di me come altrettante lame mutilanti (6)". Marie Cardinal ha trovato le parole per esprimere il suo lamento, (la sua querela), per esprimerlo in un mondo di uomini, a qualcuno che è in ascolto; in questo modo risulta illustrata la tesi di Jacques Hassoun: "Poter sporgere querela, come privilegio accordato dagli uomini alle donne e come privilegio che le donne stesse si concedono in una società di uomini".
La querela costituisce anche la sostanza delle analisi di donne che hanno dato origine al presente lavoro. E si tratta, malgrado tutto, di donne incinte, che, in quanto tali, godono di un sapere rifiutato all'uomo. Ma anche gli uomini in analisi si lagnano; e di che? Di non partecipare alla creazione come le donne, attraverso il parto. Le donne vogliono parlare; gli uomini vogliono partorire. In mancanza di ciò si arriva alla nevrosi o alla psicosi. Non si può affrontare il problema della sessualità femminile senza affrontare nel medesimo tempo quella dell'uomo, a meno di volerne fare due entità separate.
Dunque la donna partecipa alla creazione; e in questo essa risulta divisa, dato che è anche creatura. E' il suo retaggio e la sua sofferenza; è ciò che le tocca in sorte e, nello stesso tempo, la divide. Qui si trova anche la frontiera e l'acme del godere. (7)
L'uomo è, per quanto lo riguarda, creatura e creatore, ma la linea di divisione non passa attraverso di lui: passa tra lui e la donna. La donna è la verità che egli interroga per penetrare il segreto della creazione (e conservo volentieri l'errore di stampa: penetrare per trovare). (8)

La donna non interroga l'uomo. Essa soffre di essere divisa e invoca lui come l'ideale stesso dell'unità. Solamente, questo ideale è ciò che lei non è: uno. E se diventa una, essa diventa, nello stesso momento, "l'Altro per se stessa, come lo è già per lui".
L'uomo è uno in grazia del significante della sua mancanza, il fallo, che risulta essere il simbolo del suo organo sessuale, il pene, che risulta, a sua volta, l'organo attraverso il quale passa e si manifesta il suo desiderio della donna, lo strumento che organizza la sua libido. Il suo godere consiste nel trovare nella donna l'Altro e anche, un poco, conoscerlo e possederlo. Ma questa conoscenza non lo divide. L'uomo è e resta, in quanto uomo - ammettendo che esista in quanto uomo senza essere nello stesso tempo anche donna - uno.
Il godere della donna, è la rivelazione di quest'uno nell'Altro che la rende una nel momento dell'amore. Ma l'essere una, la fa Altro e la separa da sua "madre" nel senso in cui si chiama "la madre del sughero" lo strato tra il cuore e la scorza. Nello stesso modo la conoscenza che le deriva dal fatto di dare alla luce il bambino, passa attraverso la propria personale e mortale divisione. Così, come lo ha proclamato Antigone, la donna è votata al culto dei morti; e nello stesso tempo, si offre all'adorazione per la sua fecondità.
Nessuna rivoluzione sessuale farà spostare queste linee di divisione, né quella che passa tra l'uomo e la donna né quella che divide la donna stessa. L'uomo amerà sempre ciò che è messo al posto della mancanza, magari un semplice velo. E la donna amerà sempre l'amore che fa l'uno, Eros, anche se ingannevole. Essi attingono alla verità, l'uno e l'altro, l'uno attraverso l'Altro, unicamente a rischio di perdersi. A questo preferiscono di solito l'affermazione delle loro rispettive autosufficienze .... e la nevrosi.
L'uomo e la donna nascono ambedue sotto il regime della mancanza.
Si distinguono, tuttavia, immediatamente per lo scarto che la mancanza a essere trae dall'avere nell'uomo, il quale si riferisce all'avere, in quanto possiede un pene. La donna si riferisce, invece, alla mancanza a essere; in quanto possedere il pene o no rimane per lei una questione che appartiene al registro dell'immaginario.
L'uomo cerca di colmare la sua mancanza, quando il pene non basta più, attraverso un sapere; mentre la donna, per quanto possa essere curiosa e magari appassionata, non brucia mai tutta intera (per lo meno, a causa di questo desiderio). In qualche modo, infatti, per quanto riguarda l'origine, essa sa già.

Queste affermazioni non mirano a definire né uno statuto né un' essenza. Esse testimoniano unicamente un'opinione attuale, senza porsi domande sulla perennità di questa stessa opinione e lasciando aperta la questione se essa sia o meno costante e generale.
L'uomo interroga il sapere della donna, sapere che non è la scienza ma l'omega della scienza. La conoscenza sessuale della donna da parte dell'uomo e per conto di lui, costituisce l'inizio della scienza e di ogni poesia. Sappiamo questo dalla poesia di Dante: il sapiente è l'uomo. La donna è il sapere, "l'altro nome di Dio" potrebbe dire a questo punto Lacan: "ma allora essa non esiste". Quanto all'uomo, la sua passione di sapere lo totalizza prima ancora di totalizzare il mondo. Non si trova quasi in lui un resto riconosciuto come tale.
"Non esiste genio femminile e non può esisterne .... la donna non ha anima .... le donne sono prive nello stesso tempo di essenza e di esistenza; esse non sono e non sono nulla. Si è uomo o donna nella misura in cui si è .... la donna deve sparire come donna". (9)
Certamente. Non c'è una parola da togliere in questo testo. Ma quello che mi interessa, dato che sono analista, è perché Otto Weininger vuole far scomparire la donna in quanto donna; e perché tanta passione?
La donna non esiste, d'accordo; e tuttavia, se essa sparisse, sparirebbe anche il sintomo dell'uomo come dice Lacan. E se è vero che niente sintomo, niente linguaggio, neanche l'uomo potrebbe esistere.
E così non potevo fare a meno, nella fase presente di una riflessione che attraversa il campo freudiano, di interrogarmi, io donna sul "Che vuole una donna? ", anche se corro il rischio di scoprire che essa vuole proprio sparire come donna. E' una questione che non presuppone affatto la soluzione dell'altra e cioè "Che vuole un uomo? "
Si tratta nel nostro caso di una ricerca analitica e non filosofica né politica. Non ci interessa molto di sapere se la donna debba fare la rivoluzione per aver ragione di un errore che le avrebbe impedito fino ad oggi di prendere la parola. E neppure se debba riprendere il filo di un discorso filosofico che risulterebbe sbagliato a causa di questo stesso errore e sostituirlo con discorso più giusto. (10)

Per un soggetto che è in analisi (o per un analista), un discorso vale l'altro, e cioè nessun discorso vale, salvo quello in cui si trova impigliato. Se non rimane attaccata a ciò che è più specifico nel desiderio del soggetto - specifico che si definisce in ogni istante attraverso la storia del soggetto stesso e si esprime attraverso il sintomo - l'analisi si perde in una scienza generalizzata che rende asettico proprio il desiderio. Ciò che di tale specificità del soggetto, della sua anormalità più impermeabile e ignorata si ritrova nel sintomo, diventa invece sensibile. A partire di qui, se la sofferenza produce una domanda, è possibile fare il lavoro analitico di interpretazione e di intervento. Pertanto, è a partire da questo sintomo più particolare che s'introduce l'universale di una scienza possibile e ciò, in quanto il sintomo, assumendo la forma patologica della sofferenza, fa in qualche modo appello al linguaggio e rende possibile il lavoro del pensiero. Ma non può esserci pensiero a partire dal nulla. Ed è qui che trova il suo fondamento lo stereotipo secondo il quale l'artista deve essere malato e il genio folle. Certo, lo sono. Lo sarebbero; avrebbero potuto esserlo. L'uomo è così fatto che dice il suo male.
La mia riflessione si confonde sempre con ciò che dice l'uno o l'altro dei miei analizzanti (uomini o donne) e anche, con ciò che dice, attraverso questi discorsi, l'analizzante che io stessa sono; poiché si coglie solo quello che si è in grado di dire e che, senza l'altro, resterebbe non detto.
Questo "detto" testimonia che è proprio vero che la donna si trova impigliata in paradigmi e sistemi di rappresentazione virili. Ma non ne traggo la conclusione che essa non debba esservi impigliata. Non ne so nulla.
E mi rimetto deliberatamente in ascolto: che dicono queste donne incinte?
Stabiliamo prima di tutto che non c'è analisi specifica per il bambino, per l'uomo o per la donna. Non c'è neppure un'analisi specifica per la donna incinta. C'è l'analisi e un numero illimitato di analisi particolari. Altrettante analisi quanti analizzanti. Altrettanti sintomi quanti analizzanti.

I) La favola del sangue (11) Chiamo favola quello che il soggetto si racconta e racconta. E' un raccontare fuori del tempo della storia del soggetto, ma certamente non fuori del tempo dell'analisi poiché la favola segna esattamente l'andamento del transfert. E' nella misura in cui fatti e personaggi sono ripresi in questo modo in un racconto e vi si organizzano in relazione a dei significanti, non più a una verità storica, che essi possono costituire una favola. Non manca neppure l'apologo che il soggetto crede poterne trarre e che si raccoglie in un "Ed ecco perché ...." pieno di scoraggiamento.
La giovane donna in analisi di cui parliamo qui, Anne Marie, ha 23 anni. E' felicemente sposata. Ha voluto il bambino e anche suo marito l'ha voluto. A questo scopo egli ha persino accettato di seguire un trattamento e di subire un'operazione. Aveva delle "emorroidi ai testicoli". Quanto a lei - fatto non originale oggi - lei prendeva la pillola e ha dovuto attendere tre mesi per concepire il bambino. Ciò significa che c'è stato il momento della decisione prima di quello del concepimento. La volontà di avere un bambino era salda.
Anne Marie è, come si dice, "rimasta" incinta nel corso dell'analisi.
Ne sono stata informata subito come ero stata informata della decisione. Non appena la gravidanza è stata confermata, essa mi ha immediatamente dichiarato che non aveva più niente da dire. Ma era falso, come vedremo.
La sostanza della favola si raccoglie attorno al tema del sangue. Non è che questo tema dia luogo a molti discorsi. Ma compare in episodi biografici e in sogni che sono di una precisione sorprendente. Per esempio Anne Marie ha sofferto a 18 anni di un'amenorrea durata due anni, accompagnata da costipazione, proprio come sua madre, alla stessa età. Noto che essa ha anche la parola rara ed estremamente lenta. Niente "esce".
E d'altra parte, niente "entra" abbastanza facilmente, poiché essa è anoressica. A distanza di anni risento la voce monocorde e il parlare esitante di Blandina, una ragazza di 20 anni anch'essa anoressica e amenorroica, come sua madre alla stessa età. (12).
Il nonno materno di Anne Marie è morto di un'emorragia cerebrale e il padre di Anne Marie, ufficiale di marina, poi "censore" in un liceo, è morto anch'egli di un'emorragia cerebrale improvvisamente: strana coincidenza che mi suggerisce immediatamente che ci sia stato negli uomini, in un caso e nell'altro, spostamento verso l'alto. Questi accidenti circolatori mi inducono ad associare il racconto di Anne Marie ai discorsi che mi sono stati fatti da un uomo anch'egli in analisi: "Ero sicuro di avere dei grumi di sangue nella testa" mi ripeteva. E spiegava in questo modo le terribili emicranie che aveva avute verso i 12 anni. Evidentemente il sangue prende nelle ragazze di quell'età un'altra strada.
"Un anno dopo la morte di mio padre" spiega Anne Marie "Ho messo il rossetto (13) su consiglio di un medico e le mie regole sono tornate". E aggiunge: "Ero fidanzata".

Questo rossetto (rouge a lèvres) mi ricorda il primo sogno che mi era stato raccontato da Blandina: stava giocando a tennis e aveva qualche cosa di rosso da qualche parte o vestito o gonna o giacca .... Qualche mese più tardi Blandina dichiara di non sognare più; dice anche che al tempo in cui sognava, i suoi sogni erano grigi senza colore (mentre sua madre sogna a colori). Si, sua madre le raccontava i suoi sogni; e ancora adesso le dice quando ha le sue regole. "Sei veramente fortunata", le risponde Blandina ("di poter dire che hai le tue regole" se possiamo completare). E così bisogna che sua madre sappia, a sua volta, che lei non mangia, che lei non dorme, che lei non sogna. Regole mensili e sogni possono così sostituirsi gli uni alle altre, in quanto oggetto di rifiuto, in quanto no detto alla madre.
Allo stesso modo Anne Marie, la cui madre "come sempre, non capiva nulla", ritiene che questa stessa madre, istruita dalla propria esperienza - e, senza dubbio, anche dal fatto che il disturbo proviene da lei - avrebbe dovuto capire. Anne Marie nutre contro la madre un rancore tenace. Quando essa appare nei suoi sogni è sempre pazza o morta. E tuttavia Anne Marie è la più deferente e la più docile delle sue figlie; e, per di più, si trova ad essere la figlia maggiore di secondo letto; essa è perfetta e le riesce anche quello che non riesce alla  figlia maggiore di primo letto; quest'altra primogenita non ha alcuna "perfezione" in alcun settore. Qui il ruolo di primogenita perfetta, evidentemente, esiste solo per la parata. Prepara l'acting out che tradisce chiaramente la sua organizzazione teatrale e (oppure) il passaggio all'atto liberatore. (14)
Con gli uomini Anne Marie "se la cava". Ha sposato un allievo del politecnico, figlio di un generale: l'esercito dopo la marina e si sale di grado. Si chiama Xavier. Quando torna a casa in ritardo, lei lo immagina morto. Da bambina, le è capitato di non riconoscere suo padre che era venuto ad attenderla all'uscita della scuola a causa dell'intensità con la quale lei stessa l'aveva atteso. Certamente i suoi occhi occupati dall'immagine amata si erano spaventati (15) al punto da lasciar annegare lo sguardo nella folla ammassata all'uscita. Fatta eccezione per il padre in persona, non si trova alcun altro rappresentante della famiglia paterna nel racconto di Anne Marie. Invece, la famiglia materna appare inesauribile: c'è il giovane zio che la terrorizzava deliziosamente tra le ondate, nonostante la sua fobia dell'acqua, (che era degna di nota in questa famiglia di marinai).
Ed essa si rende conto, da sola, che l'acqua e il sangue costituiscono a turno una minaccia di inondazione nei suoi sogni. C'è una sorella della madre, nubile, che ha cercato di "prendere" alla sorella, per allevarli a modo suo, tutti i figli uno a uno. Ora Anne Marie è diventata psicologa e si occupa di bambini. Infine la sorellina minore, Mirelle, soffre di stati depressivi. Essa preoccupa molto Anne Marie che si rimprovera di aver goduto in confronto a Mirelle di uno "status privilegiato" e pertanto di averla fatta rimanere nella depressione. D'altra parte, Anne Marie ha ipotizzato un legame tra i disturbi mentali di questa sorella e quelli che, pensa, minacciano la madre. Al punto che essa teme, me lo dirà molto dopo, di affidare i suoi bambini alla madre (Anne Marie avrà due bambine nel corso dell'analisi). Quando mi annunzia la sua prima gravidanza il suo discorso cambia completamente. E' l'analisi ormai che le suscita angoscia: "Sono analizzabile? ". "Non faccio più sogni". (Sorprendente negazione, dato che sogna molto invece come vedremo più avanti). "Che cosa faccio qui? Sono incinta?"
E' così, che attraverso questa domanda, essa mi ha comunicato la notizia. Presentata in questo modo e contenuta in questa domanda, la gravidanza assume proprio l'aspetto di una resistenza.
Un poco più avanti, nel corso della stessa gravidanza, sogna che "generava (invece di scavalcare) una passerella pericolosa" (16). E poco dopo sogna di partorire prematuramente una bambina (mentre si aspetta un maschio). C'è un mare molto azzurro li vicino. Un mare minaccioso, invadente. Il fratello maggiore dice "bisogna chiudere la finestra, il bebé rischia di annegare". Poi il bebé viene immerso in una vasca da bagno; "è spaventoso". Verrebbe da chiedersi il perché di tanto spavento se non si trattasse di un sogno.
E così Anne Marie sogna. Fa anche, un po'  più tardi, un sogno nettamente omosessuale. Non è il primo. E tuttavia è assai stupita. "Non capisco", dice, (proprio come sua madre che non capiva! ). Il sogno è nello stesso tempo chiaro e breve "Provo sensazioni erotiche con una bambina". Quindi, alla fine del mese, fa un altro sogno che definisce "atroce": una bambina in bicicletta; c'è una gara in montagna. La bambina cade. In un primo momento non succede nulla, poi all'improvviso il sangue zampilla da tutti i lati con grande violenza. L'amenorrea può essere considerata come una reazione di paura: paura del sangue che scorre, dell'inondazione,, del mare terribile, dell'ondata che sommerge, ecc. ....

Il marito viene un po'  dimenticato, lei non ha più molta voglia di fare l'amore. I rapporti sessuali si distanziano. Lui lavora troppo e poi le fa venire i nervi. E, infine, è troppo piccolo. Anne Marie ha sognato un giorno "che era più piccolo della norma" e che lei avrebbe avuto dei bambini anormali. Si sente attirata da altri uomini. Lei, che è così seria e quasi "borghese", si mette a sognare, senza riuscire a confessarselo del tutto, di vivere in una comune. C'è un ragazzo, amico della giovane coppia, che le piace.
Si ricorda anche che c'era un'altro ragazzo in lizza, quando aveva conosciuto Xavier. La gravidanza fa di lei una specie di donna universale, donna per tutti, al limite. Infine, fa nuovamente un sogno che ricorda i suoi antichi sogni di angoscia: una vettura che segue immediatamente la loro è inghiottita da un'ondata enorme. Il mare è minaccioso. C'è un punto pericoloso che bisogna attraversare per raggiungere la dimora familiare che è sul lago. L'estate scorsa Anne Marie ha avuto una terribile crisi di angoscia, perché suo marito era andato a pescare in mare: "Ero veramente in preda al panico" dice. Quando non lo sente muovere, teme che il bambino sia morto. Bisogna che si muova continuamente.
Tuttavia, compare un tema nuovo; quello del regalo. "Facevano dei regali a mia madre; lei rispondeva appena".
Anche se Anne Marie non lo dice apertamente, i suoi sogni dicono per lei, che lei teme il parto come un'ondata che viene dalle viscere o un'ondata di sangue. Durante i due anni di arresto delle regole, Anne Marie ha fatto sparire il distintivo stesso della femminilità, (mentre il sintomo più vistoso di Marie Cardinal è lo stillicidio continuo di sangue al di fuori di ogni periodicità). Il fatto è che per Anne Marie la donna è colpevole. Sua madre ha rubato suo padre a una morta. Infatti essa ha sposato un vedovo che aveva anche perduto un figlio di primo letto. "Non avere bambini è essere punita" mi dice Anne Marie. Ma non appena ha la speranza di poterne avere uno, è presa dal panico. La morte minaccia. Anne Marie oscilla tra il non essere donna e il morire nel sangue dato che la donna è colpevole di furto e di assassinio. I regali che in sogno offre a sua madre hanno tutta l'aria di regali propiziatori offerti a una dea terribile. Il ritorno alla madre ci riporta qui a qualche cosa di profondamente arcaico.
Essa è venuta in analisi per salvarsi da sua madre: ci sono io; lei non ha più nulla da temere; o, per lo meno lo crede a dispetto dei suoi sogni. Quando rimase incinta non è a sua madre che lo annuncia per prima. Eppure sua madre le aveva "offerto", un po'  prima della gravidanza, un bambino sotto forma di una breve forma delirante. Si credeva incinta sebbene, a suo dire, non avesse fatto l'amore. Anne Marie era rimasta assai scossa da questo avvenimento "precursore".
Ma alla fine: "Tutto questo è finito; sono io che sono incinta e non mia madre; e non è il bambino di mia madre, anche se lei mi ha offerto di badare a lui dopo la nascita, per darmi una mano. Ma non glielo affiderò. D'altronde, avrei troppa paura". "Paura di che? ", le ho domandato. "Lei dimentica le cose, non sta bene; non starei tranquilla per il bambino".
Xavier è molto contento; si occupa di tutto. Sogna le notti con il bambino. Quanto a lei, Anne Marie sogna di "dormire la sua gravidanza"; svegliarsi in uno dei suoi sogni equivale a partorire. Ma in questo risveglio sognato il bambino continua a non esserci. Angoscia. Allora si sveglia e al risveglio vero e proprio si rende conto che è incinta ed il bambino è sempre nel suo ventre.
Mi ha utilizzato e ha utilizzato l'analisi per aggirare la difficoltà, in un certo senso io sono lo Spirito Santo e Xavier è San Giuseppe. Per quanto la riguarda non direi che lei è la Santa Vergine, dato che ha la sensazione di non essere mai stata vergine e di non essere mai stata deflorata. Ma soprattutto il suo "Non ho più paura" testimonia uno stato permanente di negazione: Anne Marie vuole dormire. Con il mio inganno, è con suo padre che, in quanto primogenita sicura delle sue prerogative (lei è "privilegiata") ai danni della madre "folle" e onnipotente, ha fatto il bambino.

II) La gravidanza

Dopo l'esposizione , resa più breve possibile , della favola, prenderò in esame un certo numero di spunti di riflessione:
1) il concepimento di un bambino costituisce un passaggio all'atto durante la cura. Il bambino è messo li come un tappo, per eludere la domanda: se non ho le mestruazioni, sono ugualmente una donna?
2) quando una donna, nel corso dell'analisi, rimane incinta, si può dire che il bambino è, nell'immaginario, il figlio dell'analista. "Figlio dell'analista", è un modo di dire, come si dice "figlio dell'Edipo", sottointendendo chiaramente che l'Edipo non è Edipo e non può in realtà avere figli. L'analista può tutto, ma non è a livello di generazione reale che è qui definito genitore. D'altra parte risulta che io sia una donna. Ma se l'analista fosse un uomo la problematica analitica non cambierebbe in niente.
3) si verifica una crisi di omosessualità e un ritorno alla madre.
4) il bambino fantasmatizzato è il pene rubato al genitore.
5) c'è un cambio di sesso tra coniugi e gioco sulla parola "cambio" per non dire "cambiamento" che significherebbe una modificazione reale (eventualità che rimane fuori questione sebbene ne possa sussistere in qualche modo l'immagine, di cui le "Mammelle di Tiresia" costituiscono l'eco). Io dico "cambio" anche per non dire "scambio sessuale" ed evocare l'espressione "dare il cambio". Questo cambio di sesso fa della donna un padre - madre ed essa si virilizza. Quanto all'uomo, egli diventa materno e si femminilizza. Per ciascuno dei due si verifica un'identificazione al sesso dell'altro per mascherare appunto, l'ho detto, il fallimento dello scambio.
6) Tutti questi fenomeni si saldano insieme attraverso una massiccia resistenza all'analisi. Sono queste cinque osservazioni che costituiranno il filo conduttore tra le riflessioni che seguono.


La resistenza e il passaggio all'atto. II figlio dell'analista.
(osservazioni 1 e 6)

Comincerò dal primo e dall'ultimo punto insieme dato che, resistenza all'analisi, è ciò che questa giovane donna e altre hanno espresso chiaramente per prima cosa, non appena hanno avuto la certezza di essere incinte. "Non ho più niente da dire.... va tutto bene.... .Ho voglia di interrompere L' analisi.... e la lascerei volentieri con uno schiaffo.... (17) ....Ho paura di continuare a parlare.... La gravidanza è un settore riservato .... " Ecco in sostanza quello che ho potuto, qua e là, ascoltare. Ma naturalmente l'analisi ha continuato e i sogni erano in contraddizione con i propositi espressi deliberatamente. "Non la finisco mai di sognare di lei" dice una. L'altra vuole rendermi "testimone" della nascita del bambino. Qualcun'altra rimpiange di partire in vacanza perché quando il bambino si muoverà, non ci sarò e non potrà dirmelo. E' a me che si annunzia la gravidanza, dopo il marito, ma prima che alla madre. Anche quella che ha paura di avere una gravidanza nervosa, come le è già capitato una prima volta, mi avverte dell'arresto delle regole, pur tremando all'idea di dover confessare la sua delusione. Anne Marie sogna che la afferro per le braccia con violenza; ho una bottiglia di liquido rosso in mano, la perseguito.

Un'altra dichiara con maggior precisione: "Avevo già abbastanza fantasticato sulla persona che avevo visto nell'entrata e ho pensato che era sua figlia. Poi ho visto il suo nipotino e, come per caso, è stato subito dopo che abbiamo concepito il bambino". Un'altra dice "Lei è presente dall'inizio dell'analisi.... ho fatto tutto nell'analisi: la rottura del mio matrimonio, il bambino, il mio matrimonio successivo .... lei è qualcuno che mi contiene e che contengo. Siamo fuse. Questo fa pensare un poco allo specchio, ma ha uno spessore".
La contraddizione tra la vivacità del transfert e il desiderio di mettere fine all'analisi non è che apparente. Se l'analisi è interrotta infatti bisogna che il legame con l'analista sia in qualche modo conservato nel reale. Quale miglior mezzo che farne il genitore spirituale! Di qui la forma che assume il transfert.


Il ritorno alla madre
(osservazione 3)

In questo fenomeno di transfert io, l'analista, sono confusa con il personaggio della madre (dapprima).
Dall'inizio della gravidanza, sento discorsi come questo: "Penso continuamente a mia madre. Quale ha potuto essere la sua vita amorosa? " L'una ha avuto una gravidanza nervosa come sua madre: "E non sono nata che due anni dopo" aggiunge come se lei fosse già stata presente nella gravidanza nervosa. L'altra (Anne Marie) ha avuto un'amenorrea di due anni come sua madre. Ha fatto un sogno all'inizio della gravidanza, è stato detto, un sogno in cui essa "prova sensazioni erotiche con una bambina". Essa non capisce; non è mai stata omosessuale. Non le è mai venuto in mente. Un'altra dice: "non voglio sposarmi per sposarmi. Voglio essere una madre sposata per mia madre". Bisogna capire questo, dato che sua madre è frigida, lei dice; quindi è una madre sposata e non una moglie. Anne Marie non può pensare ai suoi genitori come a una coppia. Un'altra, omosessuale lei, sogna, non appena incinta, che sta facendo la cacca (i termini sono suoi e ci tiene) con sua suocera e che arriva suo marito. Tutti sono contenti.
Ho tenuto per ultimo il ricordo seguente. E' stato riscoperto al secondo mese della gravidanza di Anne Marie, mentre essa mi annunciava il suo secondo matrimonio e il cambiamento di nome che ne sarebbe conseguito (poiché anche lei come sua madre, ha avuto due mariti, ma lei ha divorziato la prima volta), "Sto ritrovando un ricordo violento .... Avevo copiato a scuola; avevo sei anni. La maestra mi aveva fatto scrivere "Non copierò più ...." Ho firmato il penso con il nome proprio di mia madre. E' stata una storia .... Un'altra cosa: dormivo in una mansarda riadattata. Un giorno sulla porta che conduceva al pianerottolo dove c'era anche la mia camera, ho visto scritto a matita il cognome di mia madre. Gliel'ho detto. Lei ha detto "Non capisco, ma sono sicura che è vero". C'è inoltre tutto un romanzo sul suo cognome di ragazza e il mio cognome.
Ritorna alla madre, omosessualità e transfert sono dunque strettamente articolati e legati.


Pene rubato e cambio di sesso
(osservazioni 3 e 4)

I fenomeni di cui ho appena parlato comportano un certo allontanamento nei confronti del marito. .... "Sono diventata frigida non appena ho pensato di essere incinta" dichiara Anne Marie che fino a quel momento era stata assai tenera nei riguardi di suo marito e confessa che lui le da sui nervi; poi lavora troppo e poi è troppo piccolo; suo padre lavorava troppo; era sempre fuori di casa ed era piccolo. Un'altra dice: "Per quanto riguarda mio marito, sono molto ripiegata in me stessa" un'altra sogna che succhia il sesso di un omosessuale e che le resta nella bocca "una pelle di pollo o qualche cosa di simile", essa parla anche di collo d'oca, poi di testicoli o di un feto. Un'altra mi parla del primo uomo che ha amato e dichiara che non proverà mai un simile coinvolgimento. E non si tratta del marito, per carità! Ben presto sento parlare di un marito che vorrebbe trasformarsi in levatrice; che sogna del bambino tutte le notti e vorrebbe portarlo nel suo ventre. Assiste a tutte le sedute di preparazione al parto indolore. Dice anche che vorrebbe fare il "cambio con sua moglie".

Un uomo in un gruppo di psicodramma mima la scena dell'aborto terapeutico di sua moglie. Dichiara di non riuscire a superarlo. Non può più volere bambini. E' come se avesse abortito lui stesso. Si trova in uno stato di depressione che perdura. (18)
"E' stupefacente quello che posso sognare a proposito di fallo fuori posto" dice una giovane donna poco tempo prima di partorire (fallo per pene) e un'altra "mia madre mi ha offerto un pene staccato da qualsiasi corpo; pene e testicoli volanti". E' un sogno che l'analizzante, a suo dire, aveva dimenticato. Tutti questi testi dicono, insomma, che il marito è lasciato da parte, che si sente diventare donna, che la donna basta a sé stessa ormai. Che il pene rubato al padre dalla madre frigida è ormai dato alla figlia a detrimento del marito. Tutto questo può sembrare un po'  forzato qui, perché sono costretta a riassumere molto e a lasciar da parte molti altri esempi. Ma il seguito, penso, potrà chiarire questo inizio.
Se il bambino è il figlio dell'analista, è indispensabile che ci sia stato un momento fecondo in cui è stato concepito. In quel momento l'analista ha dovuto lasciar fare o lasciar passare qualche cosa, magari attraverso il suo silenzio; ho ripassato i miei appunti alla ricerca del momento fecondo.
Di fatto ero assente al momento del concepimento nel caso di cui parlo. Assente anche nel momento della decisione presa tre mesi prima. Il concepimento è avvenuto in provincia lontano da Parigi. Quanto alla decisione, essa è tanto più gravida di significato in quanto ha dovuto essere mantenuta per tre mesi al termine dei quali il bambino è stato concepito.
Infine è accaduto qualche cosa di importante per Anne Marie nel mese che ha preceduto questa decisione e nei due mesi che sono seguiti: la coppia ha ospitato un'affascinante amica. Si è costituito subito un "ménage a trois"; ma in un primo momento l'amica preferiva, nella coppia, la donna, Anne Marie, che, anche lei, dichiarava di essere attratta dalla giovane ospite. Questa, all'inizio,' ha pure rifiutato esplicitamente di fare all'amore con il marito dichiarando che, tutto considerato, preferiva Anne Marie. Ma Anne Marie non si è decisa ed è accaduto quello che doveva accadere. L'amica e il marito dunque fanno l'amore nel letto coniugale e Anne Marie coricata accanto a loro si addormenta. Era indispensabile, dice, che lui si "facesse le ossa". E ciò sembrerebbe significare che lei non lo considerava ancora completamente uomo.

A questo proposito mi ricordo che Anne Marie ha fatto un giorno un sogno assai simile. "Lei stava coricata con suo padre e sua madre che non riuscivano a fare l'amore; e lei metteva le sue mani tra le cosce di sua madre. Suo padre allora spariva". E ha poi aggiunto: "Avrebbero dovuto divorziare prima della mia nascita", poi, nella stessa seduta "Non capisco come 2 più 2 facciano 4"; poi "la coppia era costituita da mia madre e me". Chi dunque era in mezzo alla coppia che lei avrebbe voluto formare con la sua amica?
Essa ha fatto un altro sogno importante dal punto di vista di ciò che ci interessa, in cui insegnava a un ragazzo di 14 anni, che è in terapia con lei, a fare l'amore. Lei lo teneva sulle ginocchia, tra le braccia.
Se torniamo al trio, c'erano due soluzioni possibili; la prima che ci si poteva aspettare era che si costituisse una coppia omosessuale accanto a un marito compiacente. La seconda che si organizzasse un "ménage a trois" in cui il marito facesse l'amore con l'amica, davanti a sua moglie. Questo era senza dubbio quello che il marito sperava. Ma Anne Marie si è addormentata. Essa ha voluto aiutare suo marito, nei confronti del quale ha un atteggiamento materno, come l'ha nei confronti del suo giovane paziente. D'altra parte essa descrive suo marito come un ragazzo di aspetto molto giovane. Anche il suo primo marito era più piccolo di lei, malato e pure drogato.
Quando non è materna, Anne Marie diventa uomo: "Sono un uomo con le donne, dice, e donna con gli uomini". E' un modo di dire. Potrebbe in realtà sentirsi donna unicamente con gli uomini neri, grandi, barbuti (e ne conosce un certo numero che l'attirano sempre), ma in questo caso non succede niente perché lei si sente una bambina. Tra bambina e madre/padre, non c'è più posto per la donna. Ora Anne Marie mi ha detto anche di non aver avuto "rivelatore (19) per parlare di suo padre", sono le sue parole. Si può pensare che io non sono stata questa donna, né questo rivelatore.
Questo significante non gliel'ho fornito. Fino a questo momento, mi ha detto nello stesso periodo, lo ho considerata come un censore" (20). Poi la situazione è cambiata. In realtà sono diventata la madre "che si fa morire" quando si commettono alcune cose "enormi"."A torto o a ragione, mi dice anche, ho la sensazione che lei non sarebbe d'accordo se mi drogassi o entrassi in una comunità sessuale (ciò che comprenderebbe anche l'altra scelta). E ciò renderebbe morta mia madre e anche lei. E non posso farlo".

Tutto ciò fa si che io mi trovi ad aver scelto con lei la via detta normale e a scartare le scelte "enormi". Ho anche opposto un rifiuto al suo transfert omosessuale. Mi ricorda, al momento opportuno, che non l'ho mai chiamata per nome, cosa che, pure, le avrebbe fatto molto piacere, ma lei non rimpiange che io sia stata fredda e ora se ne rallegra, dice. La svolta è stata evidentemente l'avventura a tre con l'amica. Non sapendo più da brava isterica se era uomo o donna, ha scelto di imporsi di essere donna facendo un bambino. In questo modo il problema, pensava lei, non si sarebbe più posto. Il padre era evidentemente uomo e Anne Marie era evidentemente donna. E' quello che chiamo dare il cambio.
Essa ha parlato anche di "ordire delle macchinazioni per capire" e di "mettersi tra l'uscio e il muro". Tutto questo rivela il passaggio all'atto.
In sintesi: Anne Marie ha deciso di fare un bambino per non doversi dichiarare omosessuale e per fare in modo da divenire donna senza passare per l'uomo. Voglio dire che non è l'incontro sessuale che ha stabilito il sesso o che l'ha confermato; anche se lei ne avrebbe avuto bisogno dato che si vive come "non completamente donna". C'è qualche cosa che non è accaduto e che avrebbe potuto essere la rivelazione della sua femminilità e lei dice: "Mi manca un rivelatore per parlare del padre". Essa non sa assolutamente che ciò che le manca è di poter parlare della donna, in quanto donna, a tal punto la mancanza è la mancanza. E' per lo meno la mia ipotesi e ciò che costituisce forse un problema.
Ad ogni modo il parto, prima che Anne Marie fosse incinta, era fantasticato con terrore come un'emorragia. Non penso si possa dire che lo temeva e lo sperava come la deflorazione non avvenuta a suo tempo poiché dichiarava di non essere mai stata vergine - anche se, perché no? - ma piuttosto come l'espulsione di qualche cosa che conteneva in se stessa e che uscendo l'avrebbe svuotata. Formulo l'ipotesi che si trattasse del pene, il pene contro il vuoto, una specie di tappo per impedire al corpo di svuotarsi.
Fin dai colloqui preliminari, essa mi ha detto che si occupava di bambini e che voleva diventare analista. Mi ha anche chiesto delle conferme che, naturalmente, non le ho dato. Ma avrei dovuto fare di più e analizzare al momento buono il parallelismo che si è dimostrato evidente in seguito, e cioè:

— voler parlare e non potere
— voler scrivere e non potere
— voler essere analista e non potere,poiché l'analista non lo vuole; perché la madre non lo vuole. E traduco ora:
— voler essere donna e non potere.

Non le permetto neppure questo, certamente. Non lo rendo possibile; quello che non le regalo lei lo prende con la forza, facendo un bambino che mi porta. Dice anche che l'ho bloccata. L'ho dunque costretta al passaggio all'atto. Inoltre ha immaginato che se si fosse rivelata pazza, non l'avrei lasciata diventare analista. Strano sbocco per un'analisi che era iniziata sotto il segno della salute. Si trattava allora per Anne Marie di fare un'analisi per diventare analista e i sintomi erano offerti unicamente per appoggiare la domanda.
Se il bambino è stato concepito lontano da me, lo è stato certamente per mettermi di fronte al fatto compiuto. Ma non c'è nulla di Irrimediabile in questa circostanza. L'analisi continua.


IV) Un paradigma

Essa dunque ha avuto un bambino perché non sapeva essere donna altrimenti; e lo ha avuto nel momento stesso in cui aveva altre scelte: l'omosessualità e gli sbandamenti "comunitari" da una parte; dall'altra, l'ordine che rappresentavo; l'ordine e non la donna.
D'altronde il bambino è stato non solo voluto, ma programmato; avevamo avuto tutto il tempo, durante questi tre mesi di attesa forzata, di abbordare un altro discorso. Ma no, il bambino è concepito; quindi mi è annunciato; offerto. Sono confusa con la madre ritrovata. Il marito si femminilizza. Lei diviene madre, non donna. Il bambino costituirà la falsa garanzia del sesso rispettivo di ciascuno e il simbolo della loro unione.
Ma chiude anche l'accesso al simbolico, dato che questo non può verificarsi, precisamente che, attraverso l'incontro con l'altro, di cui l'altro sesso è una modalità. Ritroviamo qui qualcosa di quello che dice Eliane Amado Levy Valensi: e cioè che l'uomo, nella coppia cristiana, è castrato; la donna magnificata in quanto madre; il bambino reso sacro in quanto simbolo a detrimento della coppia. La donna si procura così il pene sotto le specie del bambino, senza dover far valere la sua domanda di pene, come tale.
E' lei che fa l'unione e la fa a suo vantaggio, con una specie di storno.
Non si tratta per me di disfare il bambino dopo averlo lasciato fare.
D'altra parte dopo un periodo di stasi in cui l'analizzante "faceva il morto" sul divano con soddisfazione, il lavoro ha ripreso e ora non sembra disturbato dall'altro lavoro, quello della gravidanza. Ogni tanto l'analizzante si addormenta in conformità al sogno già riportato. E' contento di non avere più il suo sintomo maggiore, l'angoscia di morte. Il bambino ha funzionato bene come tappo. Ma l'euforia (che mi ha fatto pensare alla donna incinta di Ramuz) non dura. L'inquietudine e l'analisi riprendono. Anne Marie riflette. Ritorna con me sul momento della decisione e del concepimento per vedere che cosa è successo.
Come conclusione propongo la successione genealogica fittizia seguente:

— Madre: dea immortale e onnipotente, pazza.
— Padre: non pazzo, ma malato, colpito, minacciato di morte.
— La loro figlia analizzante:  si occupa di bambini, usurpazione.
— Il  marito: piccolo, sottile o giovane o handicappato sessualmente.
— L'altro uomo: potente e barbuto; l'analizzante non lo incontra mai per la buona ragione che ne ha paura.
— L'analista: donna (o/e uomo).
— Il loro figlio: figlio di chi?

Questa successione ha valore di paradigma, sebbene tutte le donne incinte non abbiano in senso stretto una madre pazza, un padre malato, un marito piccolo. Ma in qualche modo si può dire che lo sono (pazza, malato, barbuto   e   piccolo).   Tutte   le   bambine   delle   elementari   cantano   una filastrocca assai significativa a questo proposito: "Mia madre mi ha dato un marito Mio Dio che uomo, che uomo piccolo Mia madre mi ha dato un marito Mio Dio che uomo, come è piccolo! "
II marito è dunque in qualche modo piccolo e il paradigma non è spinto all'estremo che in apparenza. Certo tali attributi potrebbero essere distribuiti altrimenti: ma allora tutto l'insieme risulterebbe spostato. Il bambino resta in ogni caso l'ultima posta.
Si può parlare con più durezza di Goethe del bambino, malgrado tutto, leggittimo e concepito nell'amore? Ricordiamoci quello che dice nelle Affinità Elettive "Lasciamo stendere un velo , disse al suo nuovo amore (Odile) sull'ora fatale che ha dato l'esistenza a questo bambino .... perché non dovremmo pronunziare la cruda parola: questo bambino è il frutto di un doppio adulterio ...." E in realtà erano quattro quando è stato concepito e non più due.
Conosciamo la storia dei quattro partner delle Affinità Elettive e la legge chimica che ha regolato i loro scambi: se si mette in presenza di A e B, un'altra coppia altrettanto unita, C e D si verifica fatalmente uno scambio dei partner (21). A si unisce a C; e B a D. Se nel volgersi di questi eventi si verifica la nascita di un bambino, di chi è il bambino?
Edoardo il marito di Carlotta, non è né malato né piccolo: ma ha già una certa età e il suo matrimonio non è stato un legame d'amore. Il Capitano, in quanto capitano, è necessariamente l'amante barbuto e potente. La giovane Odile tiene assai bene il posto dell'affascinante amica della coppia Anne Marie- Xavier. E il Capitano è l'amico di Edoardo, proprio come uno degli uomini possenti (analista o amante) da cui Anne Marie è soggiogata, è stato ed è l'amico e l'ideale di suo marito.
Il bambino che Carlotta mette al mondo, dopo che, tuttavia, lei e suo marito hanno rinunciato rispettivamente alla loro passione per il Capitano e per Odile (ma non si potrebbe parlare anche dell'amore di Carlotta per Odile e di Edoardo per il Capitano? ) assomiglia fisicamente, nello stesso tempo a Odile e al Capitano. "E' il frutto di un doppio adulterio morale" scrive Jeanne Ancelet Hustache (22) dopo Goethe.
L'epilogo è tragico: Odile lascia cadere il bambino nel lago e si lascia morire di fame. Edoardo si uccide.
In analisi il bambino che si dice dell'analista non è che il frutto del transfert e non il frutto di un incesto morale; purché l'analista abbia saputo dimostrare nel transfert, che il suo desiderio non era un desiderio di bambino: è a questa condizione che il bambino potrà essere libero da qualsiasi alienazione trasferenziale.

 

  (trad. di Elena B. Croce)

NOTE

(1)    Per espresso desiderio dell'autrice si è tradotto il termine plaine con querela per conservarne il senso giuridico, tutte le volte che nel testo italiano è stato possibile; altrimenti si è ricorsi al termine lamento o lagnanza. (N.d.t.)
(2)    Jacques Hassoun , La plainte des femmes. Lettres de l'Ecole freudienne.
(3)    Marie Cardinal, Les mots pour le dire. Grasset & Fasquelle, 1975 (trad. it. Le parole per dirlo, Feltrinelli, Milano 1975). La traduzione del brano qui riportato non è quella di Feltrinelli. (N.d.t.)
(4)(5)(6) Sottolineatura mia.

(7)   II termine francese midi, oltre a significare frontiera e culmine (riferito al godere), vuole qui avere una sfumatura di mezzo detto, impossibile a rendersi in italiano (N.d.t.)
(8)   II testo francese presenta un gioco di parole intraducibile tra trouer e trouver (N.d.t.)
(9)   Otto Weininger, Geschlecht und Charakter, 1903 (trad. it. Sesso e carattere, Bocca, Torino, 1912).
(10) Luce Irigaray, Speculum de Fautre femme. Les editions de Minuit, Paris, 1974 (trad. it. Speculum, Milano, 1976).

(11) Si è pensato di tradurre il francese fobie con favola (che corrisponde piuttosto a conte de fée) sembrandoci essen/iale in questo contesto conservare il legame etimologico con il latino fari (parlare). Si dice del resto "favole di Esopo o di Fedro" come si dice "fables de Lapontaine", appunto perché in esse gli animali parlano. (N.d.t.)
(12) Sottolineatura mia.
(13) In francese rou^c a lèvres. (N.d.t.)
(14) Cfr. J. Lacan, Seminaire del 23 gennaio 1963, medito.
(15) II testo originale presenta un gioco di assonanze e significato tra affolés (spaventati) e fonie (folla) impossibile a rendersi in italiano. Quanto all'espressione noyer le regard si è preferito tradurla alla lettera con annegare lo sguardo ritenendo importante conservare in questo contesto la sfumatura di timore di essere sopraffatti da un liquido (N.d.t.)
(16) II testo francese gioca su un'assonanza tra engendrer e enjamber che è impossibile a rendersi in italiano (N.d.t.)
(17) All'età di sedici anni Anne Marie ha schiaffeggiato sua madre, dopodiché se ne è andata da casa.
(18) Rinvio per quanto riguarda la paternità e le psicosi dellu paternità a ciò clic ne dicono R. Ebtinger e M. Renoux nel n. 4 delle Lettres de FEcole Freudiennc.
(19) Il termine francese rivelateurs  è qui usato come in chimica per indicare una sostanza che, posta a contatto con un'altra, provoca una reazione utile per l'identificazione di quest'ultima. Esso trova il suo equivalente nell'espressione anglosassone releaser diffusa anche in psicologia. (N.d.t.)
(20) Si ricordi che suo padre era censore di liceo.
(21) 11 francese presenta l'espressione chassé   croisé, che è una figura di danza (N.d.t.)
(22) Jeanne Ancelet Hustache, Goethe par lui méme. Seuil, Paris.

 

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