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IL PANE E L'ABORTO (DUE SEDUTE DI PSICODRAMMA SUL BISOGNO E IL DESIDERIO) di André Soler

II cibo è amore, anzi l'amore viene dallo stomaco, come dice un vecchio proverbio tedesco.
Insieme al latte il neonato inghiotte l'immagine di sua madre che glielo da, il suo sorriso, il suo sguardo e, al di là di questo, i suoi sentimenti.... Nel nutrimento il bisogno si sovrappone al desiderio. Nella funzione alimentare essi si confondono e si distinguono.
E' quando il bambino non ha più fame, quando è sul punto di addormentarsi, che il posto è lasciato tutto al solo desiderio: questo mette il bambino all'ascolto del mondo al centro del quale occupa il primo posto la nutrice di cui il bambino coglie ogni variazione di umore.
Bisogno e desiderio hanno in comune il fatto che mettono in gioco il problema della morte. Non amare il bambino, come non nutrirlo, si equivalgono spesso per quel che riguarda le cause, e sempre per ciò che riguarda la conseguenza: la morte.
Il linguaggio stesso mette in luce questo legame perché il latino usa lo stesso infinito (esse) per il verbo essere (sum) e per il verbo mangiare (edo). L'omofonia c'è anche se la radice è diversa.
Questo articolo intende mostrare il peso di queste considerazioni, che in se stesse non hanno nulla di originale, nell'andamento di due sedute di psicodramma. Per concludere questo spunto teorico facciamo riferimento a una frase del seminario di Lacan del 1961: "L'incesto è proibito nella misura in cui la funzione del principio del piacere è di far si che l'uomo cerchi sempre ciò che deve ritrovare ma non saprebbe raggiungere".

Prima seduta

Questa evocazione riporta Adriano alla sua mancanza attraverso il confronto con la sua immagine corporea. Dopo aver dichiarato di non aver mai potuto sopportare gli allegri ciccioni , dice che da bambino anche lui era grasso e che i suoi compagni glielo facevano pesare senza tanti scrupoli. Per giungere a queste constatazioni, anche Adriano segue la strada della proiezione colpevolizzante; comincia infatti criticando le canzonature che si lanciano i bambini e si rammarica di aver soprannominato il compagno di classe, che gli contendeva il primo posto, "muso giallo" col pretesto che era di madre asiatica. Adriano si sente ancora più colpevole perché in seguito questo suo amico morì.
Interrogato sulle possibili cause della sua tendenza a mettere su pancia, risponde che a casa sua mangiava bene e che suo padre lo forzava a finire i piatti. Invitato allora a ritrovare un momento particolare in cui era obbligato dal padre a terminare una pietanza, per poterlo mettere in scena nel gruppo risponde: "Non mi sarebbe mai venuto in mente di buttargli il purée in faccia". Il gioco mostra una scena che riunisce intorno alla tavola familiare Adriano con la madre, e il padre che, stando in piedi, distribuisce il cibo e propone al figlio: "Un cucchiaio ancora su! ; non ha mai fatto male a nessuno...." Cosa che il figlio non rifiuta, tanto più che il cibo preparato dalla madre è buono.

Quando Paul, che è stato scelto come io ausiliario per interpretare il ruolo del padre, al momento dell'inversione dei ruoli, prende il ruolo di Adriano, si oppone nettamente al padre e rifiuta il cibo. A questo punto nel gioco la madre prende le parti del figlio ma, anche se lui può effettivamente intercedere, Adriano la trova sbiadita, come messa da parte. Nella scena si vede Adriano obbedire a suo padre; l'idea di opporglisi non gli viene che in un secondo momento, ma non la realizza perché in fondo ritrova la sua soddisfazione; si fa piacere facendo piacere a sua madre. E, come lei, mette da parte il suo desiderio di opporsi al padre.
Dall' interpretazione di questa scena Paul risale al ricordo di una salsiccia che non voleva mangiare ma che finì per ingoiare allorché, essendo partita tutta la famiglia, rimase solo in casa con sua madre. Dunque per Paul, come per Adriano, il nutrimento mette in scena il legame con la madre.
Interviene un nuovo membro del gruppo, John, che sottolinea il valore di scambio del cibo nella storia di Adriano: se il bambino non mangia, i resti si buttano nell'immondizia: il bambino equivale dunque all'immondizia, come si vedrà nella seduta successiva. Il resto del gruppo mette l'accento sull'interpretazione anestetizzata di Adriano che nel gioco non ha espresso nessun sentimento e ha giocato come se guardasse uno spettacolo estraneo, che non lo toccasse affatto. Ci si domanda allora perché e da cosa egli si protegga, tanto più che, come medico, si sta specializzando proprio in gastroenterologia!
In questa prima scena si vede come si ripete un banale avvertimento, nutrirsi, può essere sentito in modo diverso, ma sempre in rapporto molto più coi sentimenti ispirati da chi ci nutre che dall'alimento in sé e per sé. Non si tratta in questo caso del bisogno - che si soddisfa con un oggetto specifico - dal momento che il bambino non ha più fame. Il cibo qui sta per un oggetto messo in gioco dal desiderio dei genitori e si situa nel campo del desiderio materno.

Seconda seduta

Veniamo alla seconda seduta, descrivendo in un primo momento le fasi più significative per poi commentarle. All'inizio il tema del regime alimentare sembra essere messo da parte. Corinne apre la seduta esprimendo la sua meraviglia: "Non mi sta bene quando mio marito è affettuoso con me e quando è gentile, mi fa innervosire..,, non sono abituata a questa situazione, non sopporto un uomo gentile". Il gioco ce la mostra durante il ricovero in ospedale dell'estate scorsa; suo marito viene a trovarla, ma questo la getta in una profonda tristezza benché credesse di aver voglia di vederlo. Invertite le parti, nel ruolo del marito, Corinne si lamenta: "Non è piacevole muoversi con questo tempo; hai scelto male" (la scena si svolge in pieno agosto e lui non sopporta il caldo). Ripreso il suo ruolo, Corinne commenta: "Se viene a trovarmi vuoi dire che a me ci tiene" e racconta "Quel giorno tutto andò bene, era meraviglioso, ma l'indomani, qualcosa si ruppe.... Da bambina soffrivo perché non ci si occupava di me; ora soffro quando si è gentili con me. Mi sento come quando ero bambina: stupida, brutta, per niente interessante".
In una seconda scena si assiste al risveglio di Corinne; si sente di pessimo umore, il marito al suo fianco dorme ancora perché, al contrario di lei, non deve andare a lavorare: "Non mi va di alzarmi, sono triste e non so perché, mi sento insoddisfatta. Faccio tutto per forza di abitudine". Dunque, mentre desidera che ci si occupi di lei, Corinne deve sempre occuparsi degli altri, deve mettersi tutto sulle spalle invece di farsi prendere in braccio. Paul commenta: "Certo, comportandosi in modo tanto gentile, il marito obbliga Corinne a trattenere la sua aggressività e a deprimersi".
A questo punto subentra Marianne che descrive la sua emozione di fronte all'interessamento degli altri per lei, un sentimento che la meraviglia sempre. Si ricorda di aver provato un momento di profonda tristezza all'ospedale dove era stata ricoverata in seguito a un aborto naturale. Aveva pianto ininterrottamente perché nessuno si occupava di lei: "Mi avevano trasportata di urgenza all'ospedale per una trasfusione. Non sapevo se ero ancora incinta o no, avevo l'impressione di non potere dire né fare niente; avevo l'impressione di non essere che un numero.... Piangevo e rifiutavo il cibo....". Si gioca la scena. Quando il marito le dice: "Sai bene che non è grave. Faremo un altro bambino", Marianne gli risponde: "Tu non stai al mio posto altrimenti capiresti", poi associa: "Ora penso a mia madre, al suo aborto di tanti anni fa. Noi quattro figlie eravamo già tutte nate... Mi ricordo che al momento di partire per l'ospedale mamma ci disse: Non avrete un fratellino. Aveva parlato di "emorragia" e noi bambine cercammo la parola sul dizionario .... sentivo che era più drammatico per mia madre di quanto lo era per me". E conclude: "Quando sono stata ricoverata per il mio aborto non sapevo che ci fosse anche mia madre: l'avevano operata per un fibroma".
Paul che ha sostenuto la parte del marito inutilmente premuroso si ricorda del parto di sua moglie: "Anche mia moglie era triste, ma io non sapevo proprio che fare e che dire, non potevo aiutarla".
John chiede a Marianne: "Ti rendi conto di che domanda di amore facevi? " John è particolarmente sensibile a questa domanda perché vi si ritrova. "Anch'io ho avuto un incidente di questo genere, un'emorragia folgorante dovuta all'aspirina; anche se avevo un po' di vergogna ho lasciato che in ospedale si occupassero di me.... all'inizio ho resistito a tante premure poi mi sono lasciato andare.... mi hanno fatto una trasfusione.... nello stesso reparto c'era una donna ricoverata per un aborto. Mia madre ha avuto un aborto quando avevo sei anni, l'ho saputo molto tempo dopo. Quando ho visto il sangue per la mia trasfusione ho pensato: "Ce n'è voluta dì gente per mettere insieme tanto sangue! Durante la trasfusione mentre il mio sangue usciva mi sembrava di sbarazzarmi di qualche cosa di poco pulito che bisognava cambiare. Il mio sangue era quello di mia madre, che cos'altro si può cambiare? .... Ho avuto questo incidente dell'emorragia quando ho finito di rimettere a posto il mio appartamento; non appena messo l'ultimo chiodo sono crollato; l'avevo rifinita, casa mia, proprio come un bozzolo! "

Questo terzo gioco della seconda seduta mette in scena John nella camera dell'ospedale in compagnia di sua moglie e di sua sorella (il solo membro della sua famiglia con cui abbia mantenuto delle relazioni) che si litigano il piacere di prodigargli le loro cure: "Avevo l'impressione di essere un oggetto, ma era molto bello. Si parlava di me come di un bambino. Avevo un po' di vergogna ma non era grave perché non era grave per gli altri. Approfittavo di ogni minuto, di ogni persona che passava. Prendevo il mio ricovero sottogamba. Mia moglie invece era presa dal panico; ero andato troppo in là, avrei potuto anche morire.... Sono arrivato al punto di lamentarmi di dolori immaginari pur di prolungare tutto questo.... Mentre l'infermiera si occupava di me la guardavo da molto vicino. Approfittavo di qualsiasi situazione; mangiavo ad ogni mangiatoia.... La mia era una domanda di amore. Penso che questo amore mi sia dovuto. Non voglio attaccare i miei genitori, non serve a nulla attaccare i propri genitori; erano brava gente a modo loro. So di fare una domanda di amore gigantesca".
Paul commenta: "Esiste qualcosa come un godimento simile alla morte; il godimento ha qualcosa in comune con la morte, è pericoloso".
Marianne, che ha interpretato il ruolo della sorella di John, dice di aver provato durante il gioco il desiderio di "riprendersi" il fratello, cosi come nella realtà ha avuto voglia di "riprendersi" sua sorella perché pensava che fosse trascurata dal marito e dalla figlia: "Quando mia sorella ha avuto un aborto, ce l'avevo a morte con suo marito che non si era occupato di lei".
Infine Adriano ritorna in modo impersonale al tema del fibroma: si domanda quali potrebbero essere le complicazioni sanitarie, le ha dimenticate. Si pone la domanda come se recitasse la lezione.
A prima vista le due scene iniziali di questa seconda seduta fanno supporre differenti reazioni. Marianne soffre perché non ci si occupa di lei mentre Corinne soffre perché ci si occupa di lei. Marianne rifiuta di nutrirsi per fare una richiesta di amore. E' questa domanda che entrambe hanno in comune con John.
Corinne lo dice chiaramente: dal momento che la sua domanda non è mai stata soddisfatta, oggi si trova sconcertata di fronte alle attenzioni di suo marito che ha vent'anni più di lei e con cui ripete la sua posizione edipica. Come fa osservare Paul, la depressione di Corinne fa seguito alla riduzione della aggressività: è vero che Corinne ha rapporti molto aggressivi e molto rivendicativi. Se suo marito diventa amabile, lei non può più esercitare l'aggressione che equivale a rinnovare la domanda insoddisfatta rivolta ai genitori e a questo punto si deprime e non sente più alcun desiderio: il suo attaccamento ai familiari le pare un tran tran, cioè una ripetizione senza vero affetto. Sentendosi desiderata Corinne non può più desiderare; ha bisogno di non essere desiderata per desiderare. Essere oggetto di desiderio è per lei pericoloso, destrutturante. D'altra parte Corinne non può nemmeno accettare, senza soffrirne, di essere al posto di chi si occupa degli altri, cioè al posto del genitore.
Marianne si riallaccia a questo per approfondire il significato della depressione.
Come racconta alla fine della seduta, sposta sul cognato l'aggressività sentita verso suo marito che non può condividere la sua penosa situazione ("tu non stai al mio posto ....") e che risponde solo indirettamente al suo problema, quello di sapere se potrà essere madre. Forse gli rimprovera di avere in qualche modo colpa del fatto che lei abbia dovuto subire l'aborto naturale. Ma, laddove c'è uno sfasamento, laddove il marito di Marianne non può rispondere (e infatti sembra perfettamente adattato a questa situazione perché non è lui in questione ma il transfert) è in ciò che la storia di questa donna ha di ripetitivo a causa della sua identificazione con la madre. Come per la madre si verificano infatti l'emorragia e il cambio (cambio che ritroviamo nella storia di John). Ed è da notare che, senza esserselo detto, madre e figlia hanno abortito contemporaneamente, e nello stesso ospedale, allorché la madre si è fatta asportare un fibroma. Detto in altri termini, la figlia è depressa a causa della depressione della madre, cioè perché perde un figlio proprio mentre si sta ponendo degli interrogativi sulla sua maternità, trascinata tuttavia dalla ripetizione della sua storia.
Dopo Marianne, John riprende il filo del discorso, fatto al termine della prima seduta sul bambino -immondizia che lo aveva tanto colpito.
Ciò, e soprattutto le considerazioni di Marianne, lo portano ad associare sulla sua domanda di amore. Anche John ha fatto il suo aborto e contemporaneamente è stato lavato dal sangue impuro di sua madre. Al di qua della domanda di amore rivolta a sua moglie (da cui non ha figli) vi è ancora una volta ripetizione per identificazione a sua madre che ebbe un aborto quando lui aveva sei anni. Sistemato per bene il suo bozzolo domestico (cosi come la madre finisce il corredo del futuro neonato poco prima di entrare in clinica) John attacca l'ultimo chiodo e cade. L'equivalenza con l'aborto è già chiara in John dal momento che in ospedale si trova davanti a una sorta di specchio: un'altra donna ricoverata per lo stesso motivo, l'emorragia.
D'altra parte ritroviamo il bambino-immondizia: il suo sangue è quello di sua madre. Per cambiare, per cambiarsi bisogna cambiare il sangue, il che è come rinascere, al di là della morte temuta, nella trasfusione. Si tratta di un fantasma psicotico, megalomanico dove John non è più figlio di sua madre, ma il frutto di un gran numero di persone: "Ce n'è voluta di gente per mettere insieme tanto sangue.... "
Ciò che nega il desiderio della madre e forclude con altrettanta nettezza quello del padre.
La consapevolezza che John ha dei suoi atti, la sua chiaroveggenza sono sorprendenti: John gode dell'attenzione degli altri, della loro benevolenza, abusa della situazione e ci mette del suo, fino al punto di sentirsene in colpa; ma non abbastanza per impedirgli di riempirsi dell'amore altrui per rivivere: "mangio a tutte le mangiatoie".
La seduta termina con un nuovo intervento di tipo medico di Lucien alla ricerca delle complicazioni del fibroma: discorso discordante rispetto al contenuto emotivo della seduta con cui Lucien sembra esprimere il suo desiderio di vedere, anche se non può capire nulla, e si protegge da non si sa (ancora) quale frammento dimenticato della sua storia.
Certo, il rapporto nutritivo che è servito da trampolino in queste due sedute di psicodramma viene largamente superato dalla storia delle persone descritte. Tuttavia questi esempi sembrano abbastanza chiari per mostrare ciò che il nutrimento veicola e, al di là di questo, cosa ne è del desiderio messo in gioco dal nutrimento. Desiderio, (come è noto) di essere desiderati. Dal modo in cui ci  si sente desiderati deriva il modo di vivere se stessi, ma questo desiderio è segnato dal sigillo della ripetizione che tiene ancorato il soggetto alla propria storia, storia inglobata essa stessa nel romanzo familiare e, oltre questo, nel romanzo della specie.


(trad. di Giovanna Zerilli)

RIASSUNTO / SUMMARY / RESUMÉ / ZUSAMMENFASSUNG


Bread and abortion
The Author describes and comments on two psychodramatic sessions in which the participants, moving from their desire to be loved, arrive at the theme of food and, through the child-as-garbage fantasy, to the themes of blood renewal and abortion. From various games and remarks made by the participants it becomes clear how in the element of food two distinct aspirations, namely need and desire, are fused together. The need is satisfled by a specifìc object, e.g. food; but the desire for food, when the child is no longer hungry, is the desire to be desired by the mother, since with the food the child swallows his mother's image, her smile, her glance, her feelings. The analysis of the various games (three of which take piace in a hospital) shows that the way in which the subject experiences himself depends on the degree in which the child felt himself desired and on how much his personal tale is rooted in unconscious identifìcation processes which lead him to reenact his own family history.

Le pain et la fausse couche
L'A. décrit et commente deux séances de psychodrame: les participants remontent de leur demande actuelle d'amour au theme de la nourriture et, a travers le phantasme de l'enfantordure, a celui du changement du sang et de l'avortement. Les jeux et les commentaires permettent de comprendre comment, dans la nutrition, soient confon-dus besoin et dèsir qui sont deux instances différentes. En effet, le besoin est satisfait par un objet spécifique, comme la nourriture; par contre le désir de nourriture, lorsque l'enfant n'a plus faim, est un désir du desir maternel car, avec la nourriture, l'enfant engloutit l'image de la mère, son scurire, son regard, ses sentiments. L'analyse des jeux (dont trois ont comme décor un hópital) demontre que la manière de vivrè d'un sujet derive de celle dans laquelle l'enfant s'est senti desiré.
Ceci clarifie jusqu'à quel point son histoire est ancrée aux identifìcations inconscientes qui l'amènent a répéter l'histoire de sa famille.

Das Brot und der Abortus
Der Autor beschreibt und kommentiert zwei Sitzungen des Psychodrammas, in welchen die Teilnehmer von ihrer aktuellen Frage nach den Liebe zum Thema der Nahrung und ùber die Fantasie des unreinen Kindes, zu jénem der Bluttransfusion und des Abortus ùberwechseln. Die Spiele und Kommentare machendeutlich, wie sich in der Ernaehrung Bedarf und Begierde vermischen, jedoch zwei verschiedene Instanzen sind. In der Tat, wird der Bedarf durch einen bestimmten Gegenstand befriedigt, zum Beispiel durch die Nahrung, waehrend der Wunsch oder die Begierde nach Nahrung, im Moment wo das Kind keinen Munger mehr hat, zum Wunsch nach Mutterlichkeit wird, weil es mit der Nahrungsaufnahme die Mutterfigur in sich aufnimmt, ihr Laecheln, ihre Blicke, ihre Gefuehle. Die Analyse der Spiele (von denen sich drei im Spital zutrugen) zeigt die Art, wie sich der Einzelne selbst erlebt und die bestimmt ist durch die Art und Waise die daher entspringt, wie man sich als Kind erwuenscht fuehlte und vom Grad, in dem die egene Geschichte in unbewussten Identifikationen verankert ist, die ihn die Geschichte seiner Familie wiederholen lassen.

El pan y el aborto
El autor describe y cementa dos sesiones de sicodrama en las cuales los participantes, a partir de sus necesìdades de amor, se remontan al tema de la comida y, a través del fantasma del nino—suciedad, a aquel del cambio de sangre y del aborto. Los juegos y los comentarios permiten comprender como en la alimentación se confunden la necesidad y el desco, que son, en realidad, dos instancias diversas. En efecto, la necesidad se satisface con un objeto especifìco — por ejemplo, la comida — mientras el desco de la comida, cuando el nino ya no tiene hambre, es desco del desco materno, ya que, con la comida, el nino "ingiere" la imagen de su madre, su sonrisa, su mirada, sus sentimientos. El anàlisis de los juegos (tres de los cuales se ambientan en un hospital) demuestra que el modo con que el sujeto se vive a si mismo deriva del modo con que el nino se ha sentido deseado y basta que punto su vida està anclada en las identifìcaciones inconscientes que lo llevan a repetir la historia de su familia.

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