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DIARIO DI UNA SEGRETA SIMMETRIA - 1997

Sceneggiatura dello script di Rai Cinema per il film su Sabine Spielrein tra Freud e Jung

Clicca qui per alcune scene dello script

Clicca qui per il triplo psicodramma di Aldo Carotenuto, autore di "Una segreta simmetria"

 

Ottavio Rosati, TRA FREUD E JUNG NON METTERE SABINA
5 Settembre 1982 (La Nuova Sardegna)

Tradotto in America il libro di Aldo Carotenuto sul carteggio tra i due padri della psicoanalisi e Sabina Spielrein -  Il carteggio conferma il carattere anche personale della rottura tra i due – L’analista italiano terrà una serie di conferenze sull’argomento negli Usa.

Tra i vari beni di consumo d’oltreoceano prediletti dal nostro mercato sono al primo posto libri, seminari, conferenze di psicologi, psichiatri, psicanalisti e terapeuti a indirizzo relazionale, bioenergetico, sessuologico statunitensi. Gli italiani conoscono non solo ogni variante esistenziale della psichiatria americana e ogni tecnica, ma finanche i teorici del suo dissenso. Al contrario, con la sola eccezione di Mara Salvini Palazzoli, celebre teorica e terapeuta dell’anoressia mentale, psicologi e psicanalisti italiani non esportano troppo lontano la loro pregevolissima tradizione scientifica e clinica isolata da una lingua sempre più periferica. Colpisce dunque la notizia che, sulla scia del successo riscosso negli Stati Uniti con il suo A secret simmetry: Sabina Spielrein between Jung and Freud (Pantheon Books) Aldo Carotenuto, psicologo analista autore di varie opere sul pensiero di C. G. Jung e docente di teorie della personalità all’università di Roma, sia stato invitato al Children’s Hospital di San Francisco e all’American Association di New York per discutere con i colleghi freudiani la rivendicazione del suo libro. Si tratta di un’opera elaborata a partire dai carteggi tra Freud, Jung e la quasi sconosciuta Sabina Spielrein nel rimo decennio del secolo. Queste lettere furono rinvenute dal professor Carlo Trombetta nei sotterranei del vecchio istituto di psicologia di Ginevra nel 1977 insieme ad altre di Rank, Stekel, Dleuler e vennero inviate a Roma giacché sembravano confermare con il loro contenuto altamente emotivo una tesi avanzata da anni da Carotenuto: quella dell’origine personale, oltre che scientifica, della rottura tra i due pionieri della psicoanalisi. Un altro motivo del ritorno di popolarità del  libro a due anni dalla sua publicazione italiana presso la casa editrice Astrolabio- Ubaldini, è costituito dal fatto che Anna Freud ha finalmente concesso il permesso di pubblicare il testo delle ventun lettere di suo padre alla Spielrein, assenti nella prima edizione del libro e nelle traduzioni europee e americana. Restano così bloccate dal veto della famiglia Jung solo 46 lettere dello psichiatra svizzero a Sabina, rinvenute insieme alle lettere di lei (12 a Jung, 2 a Freud) e al suo diario tra il 1909 e il 1912. Prima di considerare il contenuto e lo stile delle lettere di Freud vale la pena di ricordare i termini dell’inera questione illustrata in Diario di una segreta simmetria che Paul Roazen (lo storico della psichiatria autore di Freud and his followers) ha definito come un libro che getta una luce su una dimensione nuova e a tratti scandalosa nella storia della psicologia del profondo. La Spielrein nacque in Russia, a Rostov, sul Don, da una famiglia piuttosto colta, ricca e permissiva con due nonni rabbini. La madre di Sabina, tanto affascinante da aver scatenato due suicidi per amore, era sposata infelicemente a un uomo di cui colpisce oggi soprattutto la capacità di favorire in quei tempi l’emancipazione della figlia da ogni formalismo convenzionale. Primogenita e con tre fratelli piccoli, Sabina resta intrappolata da bambina in un mondo interiore di fantasie nel quale sfugge all’infelicità dei genitori. Nei giorni infantili di sabina è evidente quella che lo psicanalista Giuseppe Maffei definisce la polarità onnipotenza-impotenza propria del mondo psicotico. Sabina gioca da sola senza né limiti né compagni e tenta di dare vita a pupazzi che modella, come Dio, nel fango. Per sfuggire dall’infelicità della madre desidera in un incubo di essere rapita da casa da animali misteriosi che la portano verso la distruzione. Nei giochi della piccola Spielrein (cognome che significa alla lettera gioco pulito) domina l’impiastricciamento di sostanze diverse e quotidiane, con una partecipazione emotiva interpretabile, secondo le scuole, in termini di pulsione anale o di rimestio alchemico. Sabina esulta se, a furia di manipolarlo con ogni sostanza della cucina, trasforma un pezzetto di stoffa in carta; inoltre sviluppa un sintomo ossessivo consistente nel ritenere molto a lungo le feci stando seduta su un calcagno. Immagina coattivamente chiunque nell’atto di defecare e il suo isolamento arriva al punto di chiudersi gli occhi con le mani. Sarà il giovane psichiatra Jung a farglieli riaprire al Burgholzli, l’ospedale psichiatrico di Zurigo, dove nel 1904 la Spielrein viene ricoverata con la diagnosi ambigua di isteria psicotica. Sin da quel momento Freud è presente nella storia tra le quinte perché Jung si rivolge per lettera chiedendo consigli sulla terapia del difficile caso che affronta in un’ottica freudiana al momento studiata e sperimentata senza troppe riserve. La cura della Spielrein ha pieno successo anche per la notevole intelligenza della ragazza che, uscita dall’ospedale, prosegue i colloqui con Jung ma al di fuori di un setting terapeutico regolare. Incoraggiata dal giovane psichiatra, si iscrive a medicina e si laurea in psichiatria avendo già alcuni lavori pubblicati al suo attivo. Negli interstizi di questo rapporto, che forse non fu un’analisi regolare ma certo si rivelò assai efficace, Sabina e Jung vivono oltre alla relazione di studio una storia d’amore di breve durata. Il profondo coinvolgimento della terapia, una parziale insoddisfazione di Jung nella sua vita familiare e indubbie affinità di temperamento concorrono a intrecciare transfert e contro transfert in un plot con grandi esaltazioni wagneriane. Data la tempa di sabina la storia deborda dai limiti del ménage à trois: incomincia a richiedere un figlio di nome Sigfrido che sarà presto costretta a sostituire più ragionevolmente con la stesura di un libro. Eros e Psiche si rincorrono e mancano tra inferni privati, casi di empatia, scrupoli familiari. Nel 1907 la relazione è ancora sotto controllo e Jung presenta il caso a un congresso per illustrare la teoria freudiana dell’isteria. Nel 1908 le lettere tra gli ex amanti hanno un tono distaccato e didattico: l’intenzione è di chiudere un rapporto ormai conclusosi. La completa autonomia della Spielrein però è indiscutibile solo a partire dal 1914. Nell’11 Jung scrive alla Spielrein che l’amore aveva reso conscio in lui qualcosa che fino allora era rimasto confuso e riflette come maturità e distacco ‹‹a tutto il tormento che io per lei e lei per me insieme abbiamo sopportato››.

Qual è il ruolo di Freud nell’intera faccenda e come è chiarito dalle lettere ora disponibili alla lettura nell’ultimo numero de La rivista di psicologia analitica?

La maniera in cui Freud considera la Spielrein varia man mano che muta il suo personale rapporto con Jung. Dall’iniziale imbarazzo e neutralità, Freud raggiunge a un certo punto la convinzione che se Sabina ama ancora Jung è perché non ha portato alla luce l’odio che gli si addice. Jung dal canto suo si era anni prima aperto a Freud in una completa confessione sull’accaduto, ma è all’oscuro del carteggio. Allo stesso modo Jung ignora, fin quando non lo scopre per caso, che anche sua moglie si è rivolta per lettera a Freud parlando di lui. Per due volte dunque il ‹‹padre›› si era schierato a sua insaputa con una donna da Jung analizzata e amata. Nelle lettere di Freud il tono cambia con la velocità di un film proiettato a ritmo serrato. Allorché la Spielrein, ormai affiliata alla società psicanalitica di Berlino, annuncia il suo matrimonio con un certo dr. Scheftel, Freud commenta:

‹‹Come lei sa, io sono guarito completamente dalla mia predilezione per gli ariani e voglio sperare, se il suo bambino sarà un maschio, che diventi un vero sionista.

Lui o lei deve essere bruno in ogni caso; niente più teste bionde. Lasciamo perdere questi fuochi fauti, lei sa che a Monaco non porgerò i miei saluti a Jung…››.

Sfilano nelle lettere del padre della psicanalisi, tra raccomandazioni ed esortazioni a tradurre pionieristicamente in Russia non i libri di Jung ma i suoi, i grandi temi di quegli anni eroici: ‹‹…Adler si riteneva perseguitato perché non gli avevo mandato dei pazienti! …Lei è ancora innamorata di Jung…mi scrive nei termini della sua concezione della libido e se la prende con Abraham… perciò deve prendere una netta decisione; l’oscillazione non le servirebbe più di quanto sa servita al buon Pfister… il dottor Tansk ha posto fine alla su vita infelice il 3 luglio …le persone di Ginevra sono tutte dilettanti a cui lei deve gradualmente trasmettere qualcosa della sua formazione analitica. Neppure Claparede fa eccezione …il suo proposito di recarsi in Russia mi sembra migliore del mio consiglio di provare con Berlino. A Mosca, accanto a Vulff e a Ermako, potrà fare un ottimo lavoro e finalmente sarà in terra patria. Questi sono tempi difficili per tutti noi››. Dopo aver fatto a Freud almeno due grosse cortesie – un’analisi a Jean Piaget in Ginevra e la formulazione del concetto di istinto di morte, che Freud rifiutò nel 1912 ma riprese in prima persona nel 1920 – la Spielrein parte dunque per Mosca illudendosi di poter aprire una casa per bambini con criteri psicanalitici. Le sue tracce si perdono (1935- 1937) insieme all’ufficialità della psicanalisi nel paese. Nell’ultima lettera, Freud la salutava raccomandandosi: ‹‹Spero di sentirla presto, ma la prego vivamente di scrivere il suo indirizzo nell’interno della lettera, cosa che poche donne fanno››.

 

 

 

IL GIOCO SPORCO E IL GIOCO PULITO DI SABINA SPIELREIN di Ottavio Rosati

 Rivista di Psicolgia analitica, Giugno 1988

 

Col Diario di una segreta simmetria (Astrolabio- Ubaldini, 1980) dove ricostruisce l’esperienza dell’analista Sabina Spielrein tra Jung e Freud, Aldo Carotenuto ha delineato una pagina insospettata e stimolante della storia del movimento psicanalitico. Il suo lavoro è basato su documenti rinvenuti da Carlo Trombetta nel 1977 nei sotterranei del vecchio istituto di psicologia di Ginevra: la corrispondenza autografa tra la Spielrein e Jung (46 lettere di Jung, 12 di Sabina), la corrispondenza tra la Spielrein e Freud(21 lettere di Freud e 2 di sabina), il diario di Sabina nel 1909 al 1912 e lettere varie di Bleuler, Rank, Stekel. Le rivelazioni che se ne traggono, tra l’altro sembrano confermare la teoria, già da anni avanzata da Carotenuto, circa la natura personale più che scientifica della rottura tra Jung e Freud. Il libro, com’è noto, ha suscitato reazioni in campo extrascientifico dove l’interesse si mescola a una tartufesca paura di scandalo pseudo-analitico o pseudo-femminista che vedrebbe in Sabina un’Emily neo-gotica prigioniera. Cercando di commentare l’importanza di questo lavoro e il suo esito, converrà innanzi tutto riassumere la vicenda della Spielrein. Che nacque in Russia a Rostov sul Don nel 1885 da una famiglia piuttosto colta , ricca, permissiva che vantava due nonno rabbini assai stimati nella comunità. La madre di Sabina tanto affascinante da scatenare dei suicidi per amore, era posata infelicemente a un uomo di cui poco traspare oggi se non una notevole capacità dati i tempi, di favorire in ogni momento della storia l’emancipazione della figlia rispetto al formalismo convenzionale di quegli anni. Primogenita e con tre fratelli piccoli, Sabina resta intrappolata da  bambina in un mondo interiore di fantasie nel quale fugge lontano dall’infelicità dei suoi genitori. Nei giochi infantili della Spielrein Carotenuto evidenzia, seguendo Giuseppe Maffei la polarità onnipotenza/impotenza propria del ondo psicotico: Sabina gioca da sola senza limiti né compagni ma d’altra parte tenta invano di dare vita ai pupazzi che modella, come Dio, nel fango. Il desiderio di poter scappare lontano dall’infelicità della madre la porta a desiderare un incubo in cui viene rapita da casa da animali misteriosi verso la distruzione. E’ curioso che i giochi della piccola Spielrein (cognome che alla lettera significa gioco pulito) constano dell’impiastricciare sostanze diverse e quotidiane, con una partecipazione emotiva spiegabile sia in termini di analità che di alchimia. Sabina esulta se finalmente trasforma un pezzetto di stoffa in carta manipolandolo con sostanze sconosciute e sviluppa un sintomo consistente nel ritenere a lungo le feci sedendosi sul calcagno. Non può fare a meno di immaginare chiunque nell’atto di defecare finché il suo isolamento cresce al punto da chiudersi gli occhi con le mani. Sarà il giovane Jung a farglieli riaprire al Burgholzli, l’ospedale psichiatrico di Zurigo, dove la Spielrein viene ricoverata nel 1904 con la diagnosi ambigua di isteria psicotica. Sin da questo momento è presente Freud al quale Jung si rivolge per lettera chiedendo consigli sul difficile caso che affronta attraverso i concetti freudiani  che in quel periodo studia e sperimenta.

Nel commentare questa fase della storia, Carotenuto osserva come nell’esperienza della Spielrein Jung entri come l’unico che , in un’epoca di aride catalogazioni nosografiche, si preoccupasse di gestire la paura schizofrenica che la Spielrein aveva del proprio sguardo risolvendo il terrore della sua potenzialità distruttiva e incontrollabile. E’ comunque evidente che il transfert che rese possibile questa uscita dall’isolamento fosse di natura psicotica, tale da cogliere nel medico non una figura di tipo paterno ma il padre tout court, al di là di qualsiasi mediazione simbolica. Solo più tardi la Spielrein manifesterà due caratteristiche psicologiche per lo più estranee all’esperienza psicotica: la tensione continua verso la verità e la ricerca di un terzo personaggio arbitro e mediatore delle difficoltà delle relazioni duali.

Il trattamento della Spielrein ha pieno successo anche per la notevole intelligenza di questa fanciulla. Uscita dall’ospedale, Sabina prosegue i colloqui con Jung al di fuori  di quello che chiameremo oggi un setting regolare. Poi, incoraggiata dal giovane medico, si iscrive a medicina e si laurea in psichiatria, avendo già alcuni lavori pubblicati al suo attivo. Negli interstizi di questa relazione non definibile come una vera e propria analisi ma certamente terapeutica, Sabina e Jung vivono, oltre a un rapporto di studio e collaborazione, una storia d’amore di breve durata. Il profondo coinvolgimento reciproco dell’incontro in ospedale, una certa insoddisfazione affettiva nella vita familiare di Jung, indubbie affinità di temperamento e gusti concorrono a intrecciare transfert e controtranfert in un plot extraanalitico e piuttosto wagneriano. Sabina è una donna intelligente, anticonformista, idealista e fino a quel momento totalmente isolata. Non sorprende che sui lunghi tempi la sua implicazione affettiva con Jung si riveli incompatibile colla vita matrimoniale del giovane psichiatra al quale Sabina inizia a parlare di un possibile figlio di nome Sigfrido, che nascerà più tardi ma sotto forma di libro. Ecco dunque che Eros e Psiche si rincorrono e mancano tra inferni privati e scrupoli familiari. L’aspetto coscienzialistico, professionale e familiare della vita di Jung entra in conflitto con l’immersione in quella profonda affinità psicologica e spirituale che aveva reso possibile la guarigione della Spielrein paziente. La tesi del Diario di una segreta simmetria già avanzata da Carotenuto nel 1978 in Senso e contenuto della psicologia analitica è che, attraverso la Spielrein Jung fosse certamente entrato in contatto con la sua poderosa immagine controsessuale endopsichica, da lui teorizzata come Anima. Per ancorare i fatti a delle date, va tenuto presente che, se nel 1907 la relazione era ancora sotto controllo (Jung presenta il caso Spielrein a un congresso per illustrare la teoria freudiana dell’isteria), le lettere del 1908 (allorché Sabina ha lasciato l’ospedale da tre anni e segue le lezioni di medicina) hanno invece un tono distaccato e didattico. Queste lettere mostrano come i due avessero l’ambizione di chiarire un rapporto passionale ormai conclusosi e come Sabina cercasse di mantenere in ogni caso una buona immagine di Jung. La completa autonomia della Spielrein sembra indiscutibile a partire dal 1914. Quanto a Jung, i una lettera del 1911, dove confessa tra l’altro che l’amore per la Spielrein aveva reso coscio in lui qualcosa che fino ad allora era confuso, egli riflette con maturità e distacco a “tutto il tormento che io per Lei e Lei per me insieme abbiamo sopportato”.

Qual è il ruolo di Freud nell’intera vicenda? Sappiamo che Jung si rivolge a Freud prima in cerca di aiuto professionale (seconda lettera dell’epistolario, 1906) poi aprendosi in una completa confessione ( 7 marzo 1907).

 Ma anche Sabina si rivolge a Freud dal 1909 e lo fa all’insaputa di Jung.

Si trattò probabilmente dell’unico modo per rispondere al tradimento di Jung: occorreva infatti ricorrere ad una figura paterna valida agli occhi di entrambi e in una posizione altrettanto prestigiosa, se non di più, di quella di Jung. Freud dapprima consiglia diplomaticamente una “liquidazione endopsichica dell’intera faccenda” ma poi accetta la richiesta di recarsi a Vienna per analizzare con Freud la sua dipendenza da Jung. Accettando l’invito e restando successivamente a Vienna fino ad entrare nel cenacolo di Freud, la Spielrein agisce una sua sottrazione, di risposta alla sottrazione di Jung. Forse è più col suo matrimonio professionale colla Società Psicoanalitica di Vienna che col matrimonio con dr. Scheftel con cui vivrà a Berlino che la Spielrein risponde al primo atto della sua storia e ritira, almeno in parte, la sua identificazione proiettiva. Sabina ha sperimentato una rave delusione ma non regredisce alle sue condizioni d’origine come sarebbe possibile. I due “matrimoni” che intraprende non solo ristrutturano il sui io ma in qualche modo le permettono di identificarsi nel suo oggetto d’amore. Con essi Sabina annette alla propria esistenza due delle istanze in nome delle quali Jung ha trovato dei limiti alo sviluppo della relazione con lei: la famiglia e la professionalità. Più tardi, allorché vine  delinearsi la rottura tra Freud e Jung, è Sabina ad occupare al fianco di Freud un posto filiale che era stato di Jung: nella prima lettera di questa triangolazione è Jung a parlare a Freud della Spielrein in cerca di aiuto per lei; nelle ultime è la Spielrein che parla a Freud di Jung con affettuosa comprensione e superiorità. Quella che è stata una fanciulla gravemente ammalata, è finalmente in grado di difendersi, anche aggressivamente, da chi può ferirla. Ma non è questa una conferma del talento terapeutico di Jung stesso, si chiede Carotenuto?

Va tenuto presente che la maniera in cui Freud considera la relazione tra Jung e la Spielrein muta man mano che muta il suo personale rapporto con Jung. Dalla iniziale neutralità Feud raggiunge a un certo punto la convinzione che se Sabina ama Jung è perché non ha portato alla luce l’odio che a Jung si addice. Sembra confermata la tesi di Carotenuto che nelle motivazioni esclusivamente teorico-scientifiche, di per sé, non possano ragionevolmente  giustificare la rottura tra i due pensatori. E’ importante che nella corrispondenza tra Freud e Spielrein, Jung è all’oscuro come di quella, limitata a poche lettere, tra Freud e la moglie Emma, di cui viene a conoscenza per caso. E’ la seconda volta che Jung viene tradito con la complicità di Freud da una donna da lui analizzata e amata. E’ una prova ulteriore che non solo la formulazione di una teoria ma anche la sua incompatibilità con un’altra teoria, a prescindere dal dibattito puramente teorico, esprimono problemi personali. Scrivendo Diario di una segreta simmetria con questa convinzione, Carotenuto è coerente nel fare ricorso alle vicende personali di Jung per ribadire il concetto junghiano che in psicologia lo statuto scientifico di una formulazione è garantito dalla consapevolezza del suo relativismo. Concetto assai vicino a quello per cui varie teorie esprimono vari tipi psicologici. La Spielrein da parte sua presenta nel 1912 il saggio La distruzione come causa della nascita a sua volta suscettibile di questo tipo di considerazione. La sua teoria è che l’istinto riproduttivo, anche da un punto di vista psicologico, sia costituito da due componenti antagoniste e sia perciò altrettanto un istinto di nascita che di morte e distruzione. Sarebbe difficile, alla luce delle notizie offerte dal libro di Carotenuto, non cogliere anche qui il nesso tra questa idea e le vicende personali della sua autrice. Bata pensare all’infelicità familiare che accoglie Sabina alla sua nascita o alla forte carica distruttiva “fusa” con l’amore e la gratitudine in quel desiderio di avere un figlio da Jung, che implicava necessariamente a distruzione della vita attuale dell’uomo cui era rivolto.

 Il saggio della Spielrein è un fatto rilevante anche nella storia di Freud.

La contrapposizione tra pulsione di morte e pulsione libidica formulata da Freud nel 1920, ripercorre indubbiamente la formula che anni prima Freud aveva sentito esprimere dalla Spielrein e che aveva rifiutato. Perché Freud negli ultimi anni di vita disse che il suo dualismo ripercorreva quello Empedocleo di filia e neikos rimastogli nell’inconscio dai tempi del liceo, scavalcando la formulazione di Sabina? Anche nel caso di Feud perciò la Spielrein è mediatrice di una formulazione teorica altrettanto spessa di quella che ispira  a Jung: L’Anima, di cui Sabina gli offre un’immagine attraente e respingente, meravigliosa e diabolica, esaltante e deprimente. La Spielrein non è solo catalizzatrice di teorie e rotture. Nel libro appare impegnata nel tentativo di conciliare Freud e Jung allorché i loro rapporti arrivano a una rottura. Cesare Muatti, aprendo il dibattito sul Diario con un intervento del 6 Marzo sul Corriere della Sera, ha osservato una certa analogia con Loux Salomé. Entrambe queste donne ebree russe appaiono implicate nello sviluppo del movimento psicoanalitico e nelle polemiche interne al movimento: la Salomé fu amica contemporaneamente di Freud e Adler e, pur restando dalla parte di Freud, cercò di comporre il suo dissidio con Adler. La non inconciliabilità delle teorie di Freud e Jung è al centro di molte riflessioni con cui Sabina cerca di metabolizzare autenticamente le loro teorie dell’inconscio, sforzandosi con sincerità e finezza di distinguere i problemi reali da quelli dovuti a semplici equivoci terminologici o a malintesi. Comunque è sempre all’interno della Società Psicoanalitica di Freud che la Spielrein lavora a Berlino, Ginevra( dove fa un’analisi a Jean Piaget)  e finalmente nella madre Russia. Alla quale torna dopo il 1932 illudendosi di poter gestire  con criteri psicoanalitici una casa per bambini e infanti e per insegnare all’università, fino al momento in cui le sue tracce si perdono (1935-1937) insieme con l’ufficialità della psicoanalisi.

Questi dunque i fatti. Che potrebbero comporre un capitolo apocrifo delle biografie ufficiali e dell’autobiografia di Jung Sogni, ricordi, riflessioni, concepita più sui ritmi dell’esistenza interiore  e intellettuale che sugli avvenimenti concreti in una possibile futura pubblicazione delle lettere di Jung e Sabina (nell’estate dell’82 la Rivista di Psicologia Analitica ha pubblicato quelle di Freud) permetterà di chiarire anche meglio come ha auspicato Cesare Musatti, i motivi per cui “i due geniali indagatori della psiche siano stati costretti a mantenere la loro inimicizia fino oltre la morte”. Già così il libro permette  di cogliere il chiaroscuro di questo grande amore intellettuale dove le contraddizioni non risparmiano, com’è giusto, nessuno. Carotenuto evidenzia ad esempio come la valutazione che Jung dà del lavoro scientifico della Spielrein oscilli secondo che si riferisc a lei o a Freud. Ma oscillazioni del genere percorrono tutto il perimetro di questo triangolo d’eccezione. Il libro è aperto da una citazione di Goethe: il passato è fragile, trattalo come se fosse rovente. Fragili e roventi sono i fatti e le fantasie di questa vicenda che, come il ferro, resta sempre possibile, entro certi limiti, modellare secondo le proprie convinzioni. La tesi dell’autore è che non è facile capire se quello tra Jung e la Spielrein sia stato un vero amore o se l’intero episodio sia giudicabile come un incidente nell’area del transfert-controtransfert. Anche nei veri amori una serie di proiezioni è sempre rinvenibile e d’altra parte Jung dichiara a Freud parlandogli di sabina di averle offerto un’estrema dedizione. Colpisce tra le tante una frase in cui Jung interpella Sabina: “in questo momento Lei dovrebbe rendermi un po’ di quell’amore, di quel debito, di quell’interesse spassionato che ho potuto darLe al momento della Sua malattia. Ora sono il l’ammalato…”. Non sorprende oggi un invito come questo dove la richiesta d’amore viene fatta in relazione a un impegno passato di tipo psicologico e dove la più scoperta delle richieste d’amore è espressa senza abbandonare il registro del Lei e dunque del rispetto dell’alterità. Anche Augusto Romano, recensendo il libro, ha notato come la distinzione tra analista e uomo, intellettualmente così seducente, rischia di confondere le ideee anziché chiarirle, giacché l’analista porta sempre nell’analisi la sua personalità e i suoi problemi di uomo. Potremmo aggiungere che solo chi guarda dall’alto di una recensione giornalistica  perché da nano si arrampica sulle spalle di giganti, può considerare la riproposta di questa vicenda come uno scandalo inopportuno o una conferma di antipatie teoriche. Parlando dell’amore di controtransfert di Jung, Carotenuto ha proposto che, sempre, in un momento doloroso della vita dell’analista l’amore possa indicare il modo per superare una momentanea difficoltà a comunicare. E che analogamente per una paziente come la Spielrein il prezzo da pagare per uscire dal proprio isolamento consista nel passare per uno stato amoroso e passionale tanto più violento quanto più, precedentemente, regnava il silenzio. Ma è appunto allo svolgersi concreto di queste situazioni  allorché parevano inaffrontabili nel contesto terapeutico, e addirittura inverificabili, che dobbiamo la nostra attuale capacità di decifrarle. Perciò chi ritiene inopportuna la pubblicazione di questi documenti dimentica che, in ogni caso è, a partire da Eros che raggiungiamo Psiche. Nel senso non volgare per cui i giochi si fanno puliti, sempre pi puliti perché qualcuno un tempo ha affrontato la totalità della propria esperienza con coraggio e creatività. Anziché sbirciare dall’alto di un balconcino storico armato, almeno in teoria, del senno di poi.

 

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