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STELLE SOPRA, STELLE SOTTO di Ottavio Rosati

 

 

Il socioplay-reading: un nuovo tipo di psicodramma per combinare la catarsi degli artisti con quella degli spettatori.
(clicca qui per il video)

Un socioplay si svolge a proposito di un tema e nell'ambito di un contesto. In questo caso il tema è la poesia d'amore. Per la Festa della Donna del 2010 il centro "Valeria Moriconi" di Jesi dedica all'americanista Fernanda Pivano uno spettacolo di Giulio Casale con la regia di Gabriele Vacis, L'evento prevede la proiezione dal docu-film "Generazioni d'amore" sulla Pivano e i suoi amici scrittori americani.

Nei libri di Moreno non c'è una parola su come si produce un socioplay e sulle emozioni del conduttore prima, durante e dopo  il lavoro. Anche per questo i giovani psicologi, usciti dall'università, possono illudersi che la conduzione di un evento improvvisato richieda competenze puramente intellettuali. In realtà si tratta di un lavoro pratico che, per quanto minimalista, richiede un impegno organizzativo simile a quello di una piccola produzione teatrale o cinematografica indipendente. Non basta appassionarsi. Per far emergere la spontaneità di un gruppo reale, lo psicodrammatista deve pattuire e gestire tempi, costi, accordi, contratti con l'ente organizzatore. Spesso qualcuno lo chiama a lavorare ma altre volte è il conduttore che prende l'iniziativa e propone la produzione del socioplay. 
Il regista del socioplay si muove organizzando, dentro e fuori di sé, un equilibrio di tenacia ed elasticità. A questo impegno pratico si unisce il lavoro per mentalizzare i sentimenti che lo legano al tema del socioplay. Il suo entusiasmo culturale per il tema si combina al transfert e a quel genere di empatia che Moreno chiamava tele, sia per le persone coinvolte, che per il tema. Nel caso di Jesi, il mio transfert e il mio tele erano entrambi forti. Senza contare che  al centro del socioplay c'era un personaggio al quale ero stato vicino da quando avevo diciannove anni. Sentivo un legame con gli artisti protagonisti del mio film ma anche un'identificazione col pubblico in sala, fatto di persone che dovevano uscire dal silenzio per esprimersi. Il lavoro è nato proprio per risolvere questo conflitto tra le stelle di sopra (in palcoscenico) e le stelle di sotto (in platea). 
Ma come?
Vorrei dedicare agli allievi della scuola IPOD il racconto di questo work in progress. Farò anche qualche confessione perché  in molti  casi è indispensabile che lo psicologo riveli la sua equazione personale (Ombra compresa), come insegnano Jung, Kahn, Seliegman. La trasparenza personale dello psicologo facilita la comprensione del  suo discorso teorico. Lo psicologo che critica gli spunti autobiografici in nome della neutralità scientifica non può mai togliersi la maschera e forse invidia segretamente chi sa entrare e uscire dal suo ruolo ufficiale.  


"Stelle sopra, stelle sotto" cominciò con una telefonata che mi informava del lavoro di Giulio Casale  dedicato alla Pivano. In chiave complessuale e infantile mi sentii defraudato e geloso. Decisi che, in omaggio a Winnicott e  Moreno, mi sarei preso cura del mio complesso in modo attivo. La Pivano era morta da pochi mesi e io la sognavo col suo ombrellino bianco nella sua Kasbah di Trastevere, nell'appartamento  attaccato alla sede di Ipod che per trent'anni aveva contenuto tanti suoi doni, dolori, lavori, plays, psicoplays e acting (in tutti i sensi possibili e immaginabili). Un ricordo così vivente, così problematico meritava qualcosa di più della proiezione di un documentario dove i sentimenti dell'autore hanno poco spazio. Che potevo fare per rispondere alla sua morte con una catarsi? Non ero ancora in grado di creare nessun tipo di racconto  ma potevo lavorare. Se non lavoravo su lei, morivo con lei.
Chiamai Franco Cecchini, direttore del centro Valeria Moriconi (la grande attrice nata a Jesi) e gli proposi di far seguire al concerto sulla mitica Nanda,  la proiezione  di "Generazioni d'amore" dove Valeria Moriconi legge una pagina della Pivano. Cecchini accettò la proposta e allargò il programma. Non poteva immaginare che questo era solo l'inizio di una inflirtazione-infiltrazione, 
Il giorno dopo tornai alla carica con quelli di Jesi: il semplice cineforum non avrebbe donato grandi emozioni, tutt'al più uno scambio di idee in un clima da commemorazione culturale. Invece un socioplay con gli spettatori avrebbe portato in sala un'energia viva e il clima che sprizzavano dalla Nanda e dei suoi amici poeti, primo tra tutti Allen Ginsberg che trasformava ogni reading in un incontro  sorprendente per la mente, l'anima e il cuore. Qualcosa tra il rito e il Gioco della Spontaneità che è raro incontrare nella foresta di regole che bloccano la vita e il teatro.
Cecchini rispose che era dolente: non c'era nessun margine di tempo e budget per allargare il programma. Finsi di rassegnarmi. Mandai diverse mail spiegando che l'energia femminile delle due Star morte avrebbe preso vita dagli interventi delle donne vive in platea. E viceversa l'esempio di due donne formidabili avrebbe stimolato il pubblico a dare sempre il meglio di sé. Vita e Forma, per dirla con Pirandello, non si sarebbero respinte ma sposate. Dopo un mese di lettere, mail e telefonate finalmente la spuntai. L'amministrazione disse che era tardi per farci un contratto: offrivano viaggio, ospitalità e un rimborso spese. 
La personalità di base di chi vive a Jesi non mi era del tutto ignota; anni prima avevo fatto  un workshop per dei dirigenti di industria. Decisi che avrei portato con me a Jesi i cacatoa Teto e Iside che utilizzo come ego ausiliari nella pet therapy. Il Mercurio dei pappagalli poteva vincere il Saturno presente nello psichismo marchigiano. In tre potevamo riscaldare il pubblico più freddo realizzando un socioplay degno di Nanda e Valeria.  
Arrivai alla stazione di Jesi, dove mi aspettava Cecchini, con Iside nella gabbia e Teto addosso, la sera prima del socioplay per assistere al concerto di Casale che aveva debuttato al Piccolo Teatro di Milano.  Lasciai a dormire i pappagalli nell'albergo che era piccolo e percorso da fantasmi di commessi viaggiatori. Davanti al Teatro Comunale locandine nere con una foto sbilenca di Nanda facevano pensare ai Gialli Mondadori degli anni Settanta. Non fu facile restare calmo. Fastidiose aritmie mi costrinsero a entrare e uscire dal palco di proscenio ma dovetti riconoscere che la regia del concerto era ben fatta. Casale funzionava come attore e cantante. Tenni a bada i gargarismi del cuore con meditazione Vipassana e cioccolata al latte. Dopo gli applausi Giulio  Casale mi chiamò in scena per presentare il film e il socioplay in programma per il giorno dopo al Centro Valeria Moriconi. Quando annunciai che nel reading anche gli spettatori sarebbero diventati attori, qualcuno in sala ebbe un attacco di tosse convulsa. Altri uscirono. A cena mi ricordai di avere tra le cassette girate per Generazioni d'amore una ripresa di Casale a casa di Tito Schipa jr, che faceva una serenata beat a Nanda. Promisi che gliele avrei mandate. 
  
La mattina dopo mi svegliai con Teto e Iside infreddoliti e perplessi che non toccarono biscotto. Per prima cosa chiesi di trasferirci fuori porta nello stesso albergo degli attori normali che, per una sola stella di più del nostro, aveva parco, piscine, palestra e altre comodità che i miei assistenti festeggiarono facendo la cresta. Il direttore del nuovo albergo si fece fotografare nel ristorante col Teto che aveva visto su Raisat nel "Pappafreud". Il direttore del primo albergo invece si era preoccupato che i cacatoa non sporcassero per terra, cosa che, in genere, la dice lunga su chi la dice. Il pappagallo è anche un test. 
Quando finalmente entrammo nel teatro Moriconi, un'imprevista energia emerse dallo spazio che gli architetti avevano ricavato da una cappella del Settecento sospendendo nella cupola grandi sfere acustiche in mezzo agli affreschi. Non era solo affascinante. Era uno spazio ideale per psicodrammi. L'importanza dello spazio nello psicoplay e nel socioplay è  sottovalutata ma bisognerebbe sempre tenerne conto. L'ambiente è un fattore terapeutico che può togliere o dare forza  al lavoro di gruppo. Può collaborare col conduttore o sabotare  i suoi sforzi. Il teatro dedicato a Valeria Moriconi mi diede un bonus di felicità. Mi batteva il cuore, sentivo che, non potendomi portare il teatro a Roma dentro la valigia, dovevo almeno organizzare delle riprese. Cecchini mi aveva già detto che non era possibile ma io avevo comunque nello zaino la migliore videocamera della scuola. Lanciai in teatro i due cacatoa che volarono su e giù tra platea e palcoscenico. Stupore generale. Feci ancora una volta la proposta delle riprese video. Teto agitò la cresta su e giù per darmi ragione. Lo piazzai sulla spalla di Cecchini col becco all'altezza dell'orecchio. Iside gridò. Cecchini disse di sì. 
Stabilimmo che Jesi avrebbe ospitato l'operatore. Io lo avrei pagato. Telefonai a Roma a Brandon Gregory, responsabile dei video della nostra scuola. Lui saltò giù dal letto, corse alla stazione e salì sul treno giusto in tempo per la serata. I tecnici delle luci erano in giro e sembravano in gamba. Mancava un microfonista ma ne avremmo fatto a meno. Ci saremmo inventati qualcosa (il video mostra cosa). La segretaria del centro era a bocca aperta. Cecchini andò dal sindaco e mi lasciò in mano le chiavi del teatro: "Ci vediamo tra tre ore, parla tu con i tecnici, fai tutto quello che vuoi". Lo spazio, i complici e l'umore giusto per la conduzione c'erano. Allestii due camerini, uno per me e uno per Teto e Iside mettendo intorno a due specchi tutte le lampadine che non erano fulminate. Feci una doccia coi pappagalli. Verso le tre mangiammo una zuppa.
Quando arrivò Brandom eravamo pronti. All'ultimo momento decisi di fare il reading prima della proiezione del film per non creare nel gruppo nessun senso di inferiorità o imbarazzo di fronte agli artisti di professione. 
Come andò? Alcune donne che erano state spettatrici del concerto di Casale, non entrarono in teatro come possibili poetesse. Altre, entrate per vedere il film, scapparono, al momento giusto forse per andare a casa, davanti alla televisione a guardare unreality show. Altre dissero una loro poesia superando l'imbarazzo. E altre ancora preferirono dare vita a proteste e invettive sociali tra Brecht e Alba Merini (agli antipodi del genere amato dalla Nanda).
Con loro passavamo dal registro del reading a quello ideologico ed emotivo del socioplay: trovammo spazio e catarsi per tutte. E tutte erano soddisfatte di essersi espresse in un modo o nell'altro. Così l'action reading festeggiò la voce e la presenza del gruppo provando che la poesia ha mille aspetti ed è ovunque. E poi la poesia è sempre grande anche se non sempre è della stessa grandezza. 
Feci anche una scoperta che mi riguardava in prima persona: la parola della Pivano mi sembrò seducente ma professionale e asciutta mentre un Anima smarrita spuntava in platea sulle labbra commosse di uomini teneri innamorati delle due Star. Fino a che punto Nanda e Valeria rappresentano davvero le Donne? Piuttosto in loro trionfava il miglior Maschile del Femminile. Pivano e Moriconi devono il loro successo a un Animus di ferro e a una grande tenacia professionale. La scrittrice era una lavoratrice instancabile e l'attrice ottenne sempre i compensi più alti del teatro italiano. Di che sesso era il back-stage della loro  felicità? Come aveva detto una delle poetesse in sala, le apparenze possono ingannare. Con pari opportunità. 

A ben vedere, la fantasia di mettere insieme le poesie degli artisti e quelle degli spettatori veniva da lontano e aveva implicazioni profonde. L'avrei compreso montando il video.  Sarebbe stato Stefano Carta psicoanalista e docente della scuola IPOD, a spiegarmelo, analizzando un mio sogno e le sue catene associative. Nel profondo mi aveva ispirato un motto di Ermete Trismegisto, citato da Jung, che avevo letto e dimenticato da ragazzo, durante la mia formazione con Mario Trevi
Cielo sopra, cielo sotto. Stelle sopra, stelle sotto. Tutto ciò che è sopra, è anche sotto. Afferralo e rallegrati.
 
Stelle sopra?
Stelle sotto?
Il significato alchemico della "Tabula Smaragdina" coglieva lo spirito democratico di questo gioco socioplay su amore e poesia. 
Per una volta le Star di sopra scendevano nello spazio vivente in platea, nella luce delle stelle spettatrici. Ma senza rubarla, senza impossessarsene come avviene quando domina il meccanismo di identificazione proiettiva dello Star System, un ingranaggio che in cinema, televisione, sui giornali, nella pubblicità, porta le persone a versare  la loro goccia di luce e bellezza dentro lo splendore di una stella lontana. Col rischio di vedere fuori ciò che è dentro. Al contrario, il gioco di improvvisazione di Jesi voleva far splendere la luce di tutte le donne entrate in teatro. Stelle di sotto ma pur sempre stelle. 
E Teto, Iside? Che dire di loro?
Stelle di mezzo. Stelle viaggianti. Che hanno fatto nel Grande Gruppo (quello fatto di poeti vivi e poeti morti) il lavoro che, secondo Jung, fa la funzione trascendente nella psiche, collegando io e inconscio. Come conduttore sono felice che per le persone del gruppo  il reading-socioplay sia stata un'esperienza catartica. Breve ma autentica. Unica ma stimolante. Cecchini decise che, nonostante la sua diffidenza, la scommessa del socioplay era vinta. Il lavoro di Jesi ha aperto nuove prospettive. Il format del reading-socioplay in clinica potrebbe diventare una cura di depressione e alessitimia. Senza contare che, per un pubblico teatrale in genere, questa formula costituisce un evento più vitale di una serata teatrale per abbonati. 
E l'effetto sull'elaborazione del mio lutto? Ho notato che la mia mente ogni tanto canta alcuni brani dei "Quadrifogli" della Nanda accanto a dei versi di spettatrici-attrici-autrici dell'evento di Jesi, di cui non ricordo nemmeno il nome. Stelle di sopra e stelle di sotto, questo lavoro le ha dunque afferrate insieme. E se ne rallegra.
Tre mesi dopo Plays ha riproposto la formula in una serata alla biblioteca di Vibo Valenzia, curata da Enrico Santori. La catarsi di Jesi mi permise di fare due cose nuove. Scrivere e leggere anche io una poesia, su Nanda. Il mio primo testo su di lei. E chiamare come ego ausiliario Milena Vukotic che ha aiutato come attrice i partecipanti a leggere le loro poesie. Un nuovo gradino nella scala tra il piano di sopra e di quello di sotto. Verso la prossima Generazione d'Amore in psicoplay e a teatro.
 
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