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IL TRIPLO ALDO CAROTENUTO - 1993

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Ottavio Rosati, TEORICO DEL TRADIMENTO D'AMORE
IL PICCOLO, 15 Febbraio 2005, prima pagina, Clicca qui per l'archivio de "Il Piccolo"

Il ricordo di un personaggio creativo ed esuberante

Carotenuto resta la più prestigiosa e discussa figura di analista italiano della generazione successiva a quella dei quattro pionieri: Musatti, Servadio e Perrotti per parte freudiana e Bernhard per parte junghiana. Tradotto anche in Giappone e Russia, presente in molte testate giornalistiche, provocato da Bettelheim, divulgatore divulgato, è stato un personaggio creativo ed esuberante che è riuscito, non senza invidie, a imporre anche all'università lo stile conversational, appassionato e seducente dei dibattiti nelle librerie romane ai tempi in cui Paese Sera, Mondo Operaio e il Nuovo Olimpia facevano la cultura dei ragazzi romani.
Tra i suoi meriti, quello di aver mandato a gambe all'aria il sussiego analitico dei maestrini dell'inconscio, traducendo il silenzio in dialogo e la neutralità in dialogo appassionato e pungente. I pazienti piangono sempre l'analista scomparso, ma nel caso di Carotenuto, accanto a loro ci sono i giovani psicologi, i suoi lettori, e forse anche i redattori giornalistici e televisivi che potevano sempre contare su un suo commento veloce e chiaro sulla psicologia dell'attualità, a volte buttato giù al telefono nella pausa tra un paziente e l'altro.
Uno dei ricordi più cari dei miei venti anni è legato a Carotenuto. Ero un grumo di contraddizioni, speranze ed entusiasmi che nessun adulto era in grado di sciogliere e nemmeno di vedere. Soffrivo di asma, crisi epilettiche e fantasie schizoidi. Avevo fatto una sola seduta (utile ma carissima) con la vedova di un maestro junghiano e poi stop per mancanza di soldi. Un giorno d'estate al Bar Tabacchi di una spiaggia romana vidi un rappresentante pieno di energia che convinceva l'esercente a tenere esposta accanto ai quotidiani e ai giornaletti una specie di libro con un elefante in copertina. Era il primo numero della Rivista di Psicologia Analitica.
Solo a leggere quegli articoli, il naso mi si sturava, gli occhi non bruciavano più e le fantasie schizoidi arretravano. Pur di avere un minimo contatto con quel mondo, telefonai al direttore con la voce impostata da basso e gli chiesi un'intervista. Tacqui che scrivevo per Ciao 2001, un giornalino di musica rock. Quando il direttore mi aprì la porta di casa sua scoprii che l'uomo del Bar Tabacchi era Carotenuto. Quando uscii di casa tenevo in tasca l'offerta di entrare in analisi con lui. L'avrei potuto pagare con comodo nei prossimi anni. Quella prima analisi non bastò a spurgare il nero del mio transfert. Ma mi mise in grado di pagare le altre analisi che seguirono fino a quella didattica. Non sono nemmeno sicuro di aver onorato del tutto il debito perché ogni volta che gliene parlavo, Carotenuto diceva che non c'era fretta. L'ha detto per trent'anni e questa notte è morto. Vorrei saldare quel debito con una domanda: Carotenuto lascia in casa sua la più grande biblioteca psicoanalitica d'Europa. È possibile che qualcuno la salvi, come Benetton ha fatto con quella di Fernanda Pivano, prima che sia troppo tardi?

Carotenuto, addio tra eros e pathos,
IL PICCOLO, 15 Febbraio 2005, prima pagina

Grande professionista e ottimo comunicatore, ma forse anche vittima dell'esempio del suo stesso maestro, Carl Gustav Jung. Così Marcello Pignatelli, psicanalista junghiano ed ex presidente dell'Associazione italiana di psicologia analitica (Aipa), e Antonio Vitolo, analista didatta dell'Associazione internazionale di psicologia analitica, ricordano l'amico e collega Aldo Carotenuto, morto la notte scorsa a Roma.
«Carotenuto - spiega Vitolo - ha fatto parte della prima generazione italiana di psicoanalisti junghiani, formatisi presso Ernest Bernhard, fondatore dell'Associazione italiana di psicologia analitica. La sua scoperta più importante è stata senz'altro quella della relazione tra Jung e Sabina Spielrein, sua paziente allieva, su cui la comunità psicanalitica aveva per molti anni steso un velo di omertà. Con la scoperta del loro carteggio, che ha anche ispirato il film del 2003 di Roberto Faenza 'Prendimi l'anima', Carotenuto ha aperto alla storia la psicologia analitica e la psicoanalisi. Per lui era fondamentale la creatività e il primato della soggettività e dell'emotività».
E proprio l'arte e la letteratura sono state oggetto di numerosi lavori di Carotenuto, come dimostrano i ritratti che ha tracciato di alcuni artisti, osservati alla luce della loro vita interiore e delle loro opere, tra cui Pasolini, Kafka, Dostoevskij, Bousquet e Shakespeare. La sua tesi, chiarisce Marcello Pignatelli, «era che la sofferenza psicologica non bastava a spiegare l'opera d'arte, ma generava un destino che della ricerca artistica fa la sua ragion d'essere. L'arte, al pari della psicoanalisi, è un percorso di liberazione delle energie creative individuali imprigionate e bloccate da un'educazione rigida e errata o da gravi blocchi nevrotici. I complessi non sarebbero testimonianza solo del blocco delle energie creative, ma anche delle strade che la psiche persegue per liberarsi, per trasformare il dolore in strumento di riscatto e di creatività».
Un altro dei principali meriti di Carotenuto, nato a Napoli nel 1933, che era riuscito, dopo gli studi a Roma e Torino, ad ottenere la docenza la docenza di Psicologia della personalità all'università La Sapienza di Roma, «è stato quello - continua Pignatelli - di aver saputo diffondere la cultura junghiana in Italia e all'estero, con una vastissima produzione scientifica di articoli e libri. Era un ottimo divulgatore e diffusore di cultura, oltre che un grande erudito, come dimostra la sua vastissima biblioteca, dove era possibile trovare anche pezzi del primo '900».
Ma proprio su uno dei punti oggetto del suo lavoro, quello cioè dell'amore di transfert e dei rapporti tra analista e paziente, Carotenuto ha ricevuto le maggiori contestazioni.
«Egli stesso, proprio come Jung - racconta Vitolo - non riuscì a mantenere la giusta distanza dalle emozioni delle pazienti, tanto da arrivare a teorizzare che il rapporto tra analista e paziente non potesse non essere come quello tra Jung e Spielrein. Affermazioni e metodi che suscitarono parecchie contestazioni e polemiche da parte di molti esponenti della comunità scientifica, come Bettelheim, e che lo spinsero nel 1992 ad uscire dall'Aipa e ad andare avanti in solitaria».
La vasta produzione lasciata da Carotenuto testimonia di una ricca ricerca, concentrata attorno alle tematiche della clinica psicoanalitica e dei rapporti tra psicoanalisi e letteratura. Con particolare attenzione, per ciò che concerne la prassi psicoanalitica, al problema dell'amore di transfert. Come evidenziano molti testi compresi fra il 1980 e il 1988, Carotenuto ha affrontato la difficile questione dei rapporti tra analista e paziente, sottolineando l'inautenticità del concetto di «neutralità».
Nell'85 Carotenuto ha pubblicato «L'autunno della coscienza. Ricerche psicologiche su Pier Paolo Pasolini», primo libro dedicato all'esame di un'opera d'arte.

 

 

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