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LA MASCHERA DEL TEATRO di Giuliani Sabia

Ferrara, 10 gennaio 1978 - Nella bruma si muove una figura nera, tonaca lunga e maschera di tela che le avvolge tutto il capo, occhi grandi cerchiati di bianco. Sarà la morte? La figura, che ha maniche ampie e incede lentamente, tende un filo rosso da un alberello all'altro. E' un ragno, dice qualcuno. Un ragno che tesse la tela (ma come ragno è poco riconoscibile).

Ci sono due sui trampoli, davanti all'entrata di un edificio vetrato, di nuova architettura, un ragazzo e una ragazza, lei nera, lui viola baffuto e colorato. E' San Bartolo di Ferrara, manicomio aperto, i giorni del Convegno sulla Scopa Meravigliante, ovvero della ricerca teatrale e dell'immagine nella destabilizzazione dei manicomi.
Ci sono infermieri col camice bianco, degenti, medici psichiatri, giovani, teatranti, animatori, studenti. Davanti all'edificio moderno c'è un convento antico - là ci sono alcuni reparti, una parte restaurata, la maggior parte ancora cadente.
Dentro l'edificio nuovo continua il filo del ragno. Filo che subito si rompe, se lo si tocca, perché è debole e sottile. Ma qualcuno dice che non bisogna romperlo. Cerchiamo di passare sopra o sotto il filo. Questa, come quella dei trampoli, è un'azione teatrale, una specie di environment o performance.
E' mattina, è freddo umido, il freddo di Ferrara d'inverno, che solo il buon cibo caldo (la salama, i tortellini, il coniglio con la polenta, le minestre) interrompe a mezzogiorno e sera. C'è questo evento, del manicomio che parla alla città - e l'ater il comune la provincia la cgil la cisl la uil il consiglio dei delegati dei servizi psichiatrici il teatro comunale insieme a psichiatria democratica che si sono mossi - e c'è un nucleo di 2 argentini, Cora e Horacio, che hanno lavorato qui tre mesi, e ci parlano di ciò che hanno fatto con degenti infermieri e medici, e ne vediamo immagini al videotape. Quanta gente, quante immagini, quante esperienze.
Mentre vado girando a veder fotografie e leggendo cartelli, incontrando persone e ascoltando interventi, arrivo con cinque o sei amici, degenti e no, conosciuti ieri e stamattina, in una grande sala piena alle pareti di materassi di gomma. Facciamo le capriole? - dico. Allora mettiamo i materassi sul pavimento, una marea di materassi. Ognuno fa le capriole come può, chi non può usare le gambe, o le braccia, si rotola di fianco - ma sta allegrissimo, e chi ha paura di buttarsi dopo un po' ritrova il gusto di cadere per terra e tirarsi su. Non si fa per fare esercizi, o per cura, ma perché ci ha preso l'allegria (e un po' anche la noia di qualche intervento o dibattito troppo lungo). Mentre siamo lì, e siamo anche aumentati di numero, si sente un suono di tromba (sono le dieci del mattino), e viene avanti un piccolo corteo, otto nove persone con le braccia aperte (come uccelli?), guidate dal ragno che con la tromba manda suoni che sono lamenti. Vanno verso i materassini (noi siamo tutti fermi, bloccati, niente capriole). A un suonetto di tromba il primo della fila si butta morto. A un secondo suonetto si butta il secondo, e muore. Si butta il terzo al terzo suonetto, ma poi gli altri non si buttano più, si sparpagliano in giro.
Poi il ragno (che è alto di statura), comincia a guardarsi fisso con M., un ragazzo handicappato che non sa parlare e ha il corpo storto. M. guarda la maschera, non sa che fare. Si guardano per un po'. M. ride teso - forse ha paura, forse è curioso. Mi butta occhiate come a dire: cosa devo fare? chi è? Tutti noi, venti o trenta, guardiamo e aspettiamo, in silenzio (gelati dall'entrata di questo ragno morte). M., di colpo, ma senza violenza, strappa la maschera di tela al ragno - la rompe. Viene fuori un giovane con la barba. M. continua a rompere. E qui l'attore smascherato dice: No, costa 5.000 lire! Allora ho dato anch'io una mano a M. a strappare la tunica. Ci siamo litigati, col giovane attore animatore, con qualche violenza. Io ho detto: "Ma M. stava reagendo in


maniera giusta. Ha voluto vedere cosa c'era sotto la maschera. Tu non hai saputo stare al gioco. Non sei stato fino in fondo attore. L'imprevisto ti ha spiazzato e hai avuto paura. Non eri, dentro di te, sufficientemente forte". In fondo l'azione del matto aveva colpito e ucciso il ragno, tessitore di prigionia e portatore di una scena di morte, dopo che era venuto a interrompere il gioco (gioco contento e non desiderio di esibizione) di un gruppo formatesi per simpatia. Dopo l'uccisione del ragno, comunque, abbiamo ripreso a giocare con furia, e poi a ballare per una lunga mattina.
Ho raccontato l'episodio perché mi sembra si possa prestare a molte riflessioni. C'è l'inesperienza (generosa) del giovane attore, che reagisce distruggendo il proprio gioco (non è capace, cioè, di uscire dal ruolo rigido che ha scelto). Inesperienza umana prima di tutto. C'è il gioco del teatro (il ragno con la sua performance): un teatro che di fronte alla reazione conoscitiva e corporea del "matto" si rivela vecchissimo, troppo teatrale (e per questo incapace di improvvisare), inadatto al dialogo difficile e sottile che si può stabilire coi diversi (e con la parte diversa di noi stessi). Bisogna dilatare di più, tendere la pelle del corpo fino a trasparire - un atto teatrale capace di trans-sparire.
Io non credo che ci sia un teatro per i matti diverso dal teatro che si può far dovunque. Ma credo che ci debba essere una trasformazione della persona che lo fa. Ossia che è necessario imparare a dilatarsi al massimo, diventare recipienti, cavità riflettenti. E qualcuno per strada può aver paura di rompersi, perdere l'identità. E talvolta, come nel caso del ragno, scoppiare come un palloncino.
E' per tensioni come questa che mi appare estranea, e sviante, la presenza sempre più massiccia dei "guardoni" - di quelli che vengono a veder cosa si fa coi matti, o con chiunque, al solo scopo di vedere, per mondana e salottiera curiosità, moda, voglia di restare ammodernati. La Scopa Meravigliante di Ferrara è stata una bella occasione teatrale (e un bel premio per il lavoro di Slavich e dei suoi collaboratori) - ma in certi momenti troppo teatrale: il rischio è di fare passerella con molti a mostrarsi ed esibirsi di fronte alla grande assemblea ridiventata di colpo pubblico teatrale. Per cui si ricrea il rapporto diviso fra spettatori e recitanti (che peraltro costituisce anch'esso una verifica gratificante da non rifiutare, e che io non rifiuto) rapporto da cui eravamo, anche attraverso questi luoghi, clamorosamente usciti.
I convegni troppo pieni di gente, in fondo, lasciano sempre un po' delusi, e l'episodio del ragno è la spia di una delusione che può diventare malessere. Bisognerebbe trovare il modo per comunicarsi le esperienze in modo meno intasato, con più disponibilità all'ascolto, stando attenti a non far le gare per esibire il prodotto teatrale da ospedale psichiatrico o da istituzione aperta. La prossima volta, caro Slavich, possiamo cercare di essere attori più per noi che per altri - magari terremo fuori porta i guardoni, o almeno il guardone che sta in ognuno di noi - e così ci potremo, ancor meglio che a Ferrara (dove quasi tutto è stato bello) con rigore durezza humor e allegria, confrontare. Senza perdere l'occasione di scatenarci, in certi momenti, nel Gran Teatro.


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SUMMARY / RESUMÉ / ZUSAMMENFASSUNG / RESUMEN

The mask of the theatre.
The Author describes an episode of the convention on the use of the theatre in psychiatric methods held in Ferrara (Italy) in January 1978, on the initiative of "Democra-tic Psychiatry" and several theatre research groups. A masked actor suddenly interrupts with his performance the spontaneous play of a group of people. One of the patients reacts by snatching away the actor's mask and the actor protests and becomes angry at this unexpected development of this action. The action allows for some considerations on the theatre in a context which, like that of psychiatry, overcomes the traditional dichotomy of actor / spectator.


Le masque du théâtre
L'A décrit un épisode du congrès sur l’utilisation du théâtre dans les institutions psychiatriques. congrès qui s’est de roule a Ferrare en janvier 1478 sur l'initiative de "Psichiatria' democratica" et de certains groupes de recherche théâtrale. Un acteur masqué intervient brusquement dans le jeu spontané d'un groupe de personnes. Un des patients réagit en arrachant le masqué de l'acteur qui proteste et perd son calme en face de l’imprévu qui borbuerse le deroulement de son action. Cette dynamique permet certaines considérations sur le théâtre dans un contexte qui. comme le contexte psychiatrique. dépasse la dichotomique traditionnelle aeteur/spectateur.

Theatersmasque
Der Autor beschreibt eine Episode des Kongresses in Ferrara vom Januar 1978, der sich mit dem Einsatz des Theaters in psychiatrischen Institutionen beschàftigte. Der kongress war auf Initiative der Vereinigung "Demokratische Psychiatrie" und einiger Gruppen der Theaterforschung zustandegekommen.
Ein maskietter Schauspieler unterbricht mit seiner Vorfùhrung abrupt das spontane Spiel einer Gruppe von Leuten. Einer der Kranken reagiert, indem er die Maske des Schauspielers herunterreisst. Dieser protestiert und verliert angesichts der unerwarteten Entwicklung die Ruhe. Die Dynamik dieses Ereignisses erlaubt einige Erwàgungen hin-sichtlich des Theaters in einem Kontext, der wie der Psychiatrische die traditionelle Gegenùberstellung Schauspieler / Zuschauer ùberwindet

La mascara del teatro.
El A. describe un episodio del convenio que tuvo lugar en Ferrara en enero de 1978 por iniciativa de "Psiquiatria democràtica" y de algunos grupos de investigación teatral, y cuyo tema era la utilización del teatro en las instituciones psiquiàtricas. Un actor en mascarado interrumpe bruscamente con su actuación el juego espontàneo de un grupo de personas. Uno de los enfermos reacciona arrancando la mascara al actor, que protesta y pierde la calma ante el desarrollo imprevisto de su acción. La dinàmica permite algunas consideraciones sobre el teatro en un contexto que, como el contexto psiquiàtrico, supera la dicotomìa tradicional actor / espectador.

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