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ATTI DELLO PSICODRAMMA 8

  

 

primo

 

OTTAVIO ROSATI Scusiamo, da signori, il povero critico
 

È difficile trovare la categoria giusta per definire quel che accadde al Flaiano quella sera indimenticabile, diversa e appassionata del 1983 in cui Zerka Moreno arrivò a Roma per portare lo psicodramma in teatro. L'evento partecipò dei caratteri dello psicodramma, del filodramma, del monodramma, del mnemo dramma, e del melodramma, grazie alla continua citazione del Trovatore di Verdi che serpeggia insieme a La forza del destino nella novella Lenora, Addio! Più che uno spettacolo fu un evento che piacque quasi a tutti tranne Tommaso Chiaretti che su La Repubblica nella sua recensione (intitolata "Scusate signori il povero critico") scrisse parole di fuoco non prive di una finale autocritica.

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TANIA DI MARTINO Il contrario dello psicodramma
 

Mentre pensavo a come avrei potuto ordinare per l'ennesima volta gli avvenimenti dei giorni che precedettero la serata al Flaiano, mi sono accorta che per mesi ci eravamo dibattuti, in tutte le discussioni, interpretazioni, letture a proposito di quell'esperienza, in un equivoco letteralmente diabolico e così evidente da non essere riconoscibile. Andiamo con ordine. Un anno fa noi quattro psicologhe che figuriamo in questa sezione della rivista intitolata Programma prendemmo parte a un seminario di formazione dedicato a due drammi di Pirandello: Questa sera si recita a soggetto e Non si sa come. Di solito in questi gruppi di studio ci si riunisce periodicamente per discutere, poi si scrivono delle relazioni che vengono lette e infine tutto si archivia nella memoria sotto la voce "compiti svolti". Quella volta non andò così.

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IVANA BIGARI Non è poco ma basterà così
 

Come mai, dopo aver pensato ad una soluzione così rara in teatro, quella di indicare, lui drammaturgo, il testo del cartellone, Pirandello conclude con le parole: "Non è poco, ma basterà così"? Il senso della frase è oscuro, Non sarebbe più giusto il contrario: "È poco, ma basterà così" o anche: "Non è molto, ma basterà così?". Si tratta di un lapsus? O magari di una comunicazione sottile del preconscio dell'autore a quello del lettore? L'uso, apparentemente improprio, della parola "poco" si va confondendo man mano che si procede nella commedia. Vediamo perché.

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MIREYA KUNIN Ribellione e creatività
 

Riassunto di una seduta

In Questa sera si recita a soggetto l'arte pirandelliana si colloca al centro di una dialettica fra la vita e la forma, dialettica che trova espressione teorica nel personaggio del dottor Hinkfuss e si manifesta anche drammaticamente in un conflitto fra un conduttore, lo stesso Hinkfuss, ed il suo gruppo di lavoro. La mia lettura dell'opera sceglie come oggetto di analisi la dinamica di potere e ribellione che Hinkfuss ed i suoi attori drammatizzano. Probabilmente questa scelta tradisce la mia origine sudamericana e una serie di esperienze che mi spingono a stabilire un rapporto tra "il caso Hinkfuss" e situazioni nelle quali il potere si manifesta sotto forma di autoritarismo schiacciante. Non mancano però situazioni in cui la tirannia può creare le condizioni per una ribellione ricca e creativa, un passaggio che talvolta ha assunto una dimensione tragica non nell'arte ma nella realtà.

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PAOLA DI BERNARDINI La persona e il personaggio
 

Se un dramma nasce per essere rappresentato a teatro, il testo scritto può essere paragonato al bozzetto di una scultura: la premonizione bidimensionale di ciò che deve vivere in uno spazio tridimensionale dove diventa possibile girare intorno all'oggetto e toccarlo con mano. Il paragone, come sempre, è discutibile. Ma lo è un po' meno nel caso di Questa sera si recita a soggetto. Si tratta infatti di un oggetto complesso, non classificabile nelle usuali categorie e che evoca l'immagine vertiginosa di una litografia di M.C. Escher del 1953, Relatività, in cui convivono in un tutto armonico e razionale molteplici prospettive spaziali, apparentemente riconoscibili e reali.

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CESARE MUSATTI Intervista sull'attore e lo psicoanalista (A cura di Ottavio Rosati)
 

D. Due foto del 1887 del suo album di famiglia ci mostrano Pirandello nella terrazza romana dello zio Rocco a via Ripetta dove sarà ambientato l'episodio centrale de Il fu Mattia Pascal. Luigi è in compagnia di amici con cui improvvisa, secondo il costume dell'epoca, delle scenette teatrali in mezzo a vasi di rampicanti, con qualche sommario travestimento casalingo. Nella foto che riproduciamo su questa pagina si direbbe travestito da gentiluomo col cilindro, seduto al tavolo di una trattoria con l'oste alle sue spalle..

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MARIO TREVI Pirandello e Jasper
 

Le brevi note che seguono nascono dalla meditazione su un evento apparentemente insignificante e invece carico di suggestioni e di coinvolgimenti sia emotivi che riflessivi. Al termine di una commemorazione di Karl Jaspers, in occasione del centenario della sua nascita, tenutasi presso l'ospitale e liberale cattedra di Psichiatria Clinica della II Università di Roma, mi venne rivolta una domanda inaspettata. Ottavio Rosati, riferendosi a quanto io avevo detto circa la verità secondo Jaspers, che è sempre unica e molteplice, una (e perciò universale) e singola (e perciò radicata nell'inconfrontabilità di ogni esistenza individuale), mi chiese se poteva esistere un qualche nesso tra Jaspers e Pirandello. Io fui al contempo grato e sconvolto dalla domanda. Grato, perché Jaspers, a cui sono debitore di moltissime cose sia nell'ordine del problema pratico che in quello del pensiero, mi aveva guidato alla comprensione del senso del tragico, e perciò alla comprensione di quell'aspetto sublime e perturbante del teatro che è la tragedia.

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GESUALDO BUFALINO U'Teatru, Intervista sul melodramma in Sicilia (a cura di Tania Di Martino)
 

Eppure ci fu una sera in cui, sotto le volte di un soffitto tutto stucchi, sfolgorarono vampe d'oro e crepitarono battimani; in cui scarpette di raso calcarono gli scalini che ora ingombra e consuma l'ortica. Venne lei, la Patti, la divina Adelina, la voce più bella del secolo, e per otto onze, secondo il contratto controfirmato dal Marchese Ferreri, apparve alla ribalta entro il cerchio di un grande lampadario di cristallo, bianca di luce e di cipria, come un angelo di cera. Poi si perse per sempre nel buio, in un galoppo di fragorosa carrozza. Ne parlarono a lungo i vecchi, seduti sulle soglie, nei pomeriggi d'estate. (da Museo d'ombre, 1981)

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JACOB LEVI MORENO Origini del dramma terapeutico
 

Un esempio eloquente di drammaturgia basata sul pubblico è il testo della prima sessione di psicodramma La divinità come commediante che fu presentata la prima volta sul palcoscenico del Teatro della Spontaneità del 1911 a Vienna al Kinderbuehne. Il testo tedesco fu pubblicato prima nell'ottobre del 1911 sotto forma di pam-phlet poi, nel 1919, sulla rivista Daimon di Ghenossen Schafts Verlag.

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ANONIMO Un onidramma dedicato a Pirandello
 

Sono a teatro con varie persone tra cui una Donna sconosciuta. Non c'è guardaroba e perciò metto il cappotto su dei sedili dietro di me. Giocano Pirandello in quel teatro. Due attrici, nella sala accanto a me a sinistra, fingono di essere parte del pubblico. La Donna si sposta e si pone a formare un triangolo con loro due, intervenendo nel dialogo; lei sì che recita davvero a soggetto. Dapprima sono seccato del suo intervento. Cerco di non farlo capire e penso: "Siamo alle solite. Non può restare inattiva". Lo spettacolo consiste dunque nella discussione in platea tra le due attrici. Si parla di un marito che è crudele con la moglie. Si dice di lui che è un personaggio che "prende e non da'. È curioso che questo personaggio sia connotato nominalmente dal suo nome. Cioè parlando del nome e dei suoi rapporti sintattici, si parla delle relazioni interpersonali dell'uomo.

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CATERINA SELVAGGI La grammatica di un onidramma dedicatoa Pirandello (Convegno tenuto al Teatro Flaiano di Roma nel Marzo 1983)
 

Vorrei commentare l'onirodramma ambientato in un teatro, che al Flaiano è stato inscenato come un testo teatrale. Nel sogno spiccano alcune ambiguità, relative al tema dei ruoli, certamente giustificate dalla speciale logica dell'inconscio ma evidenziate dalla messa in scena come problematiche. Si tratta di ambiguità che fanno temere una possibile identificazione tra la libertà da un ruolo costrittivo e la libertà tout court, la possibilità del non-ruolo, del non-legame, della non-comunicazione, che è un'aspirazione assoluta e irreale. La sintassi dei casi contenuta nel sogno offre questa ambiguità così come il sogno ce la presenta, e vedremo che questa ambiguità è nella situazione psicologica ancora non definita del sognatore stesso, che la riverbera nel suo sogno.

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MARIO ARDIZZONE Nuova lettura di Moreno
 

I relatori che mi hanno preceduto si sono soffermati soprattutto sul senso e sulla funzione del teatro. Il tentativo che io invece farò nonostante il tempo che stringe, sarà quello di riflettere criticamente sulle costruzioni teoretiche di Moreno - costruzioni talora "esplosive", e comunque assai mutevoli nel corso degli anni e perfino all'interno dei suoi stessi scritti -, nel tentativo di rintracciare un'intelaiatura concettuale che sia in qualche modo coerente e possa fungere da modello. In questo senso mi riferirò soprattutto ad un lavoro che ho pubblicato qualche tempo fa proprio su tale argomento.

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GIUSEPPE BARTOLUCCI Dal teatro della spontaneità al teatro del volo
 

Com'era bravo Moreno in quegli anni, parlo degli anni sessanta, stando al botteghino e raccogliendo i tre dollari di entrata per il servizio psicodrammatico notturno, assieme alla moglie; era dolce, spagnolesco, infantile, un po' abbondante di pancia, ma l'occhio gli usciva acuto e vivido; sua moglie, in nero, un po' rude e severa, stava già ai lati del palco nudo, con le seggiole e il tavolo, in attesa di entrare in scena, e di reggere l'azione; con questo o quel personaggio della New York sommersa e precipitosa, cruda e vigile, attori e attrici malati o nevrotici (ci dicevano) in stato di grazia e di risarcimento, più un nugolo di turisti venuti lì per professione, per curiosità, per scandalo non si sa bene, tra cui noi italiani in cerca di avventura teatrale, di scena metropolitana, per la prima volta a New York, senza respiro, senza sosta.

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ALDO CAROTENUTO La personalità e lo psicodramma
  Oggi, entrando al Teatro Flaiano mi chiedevo perché il mio allievo Ottavio Rosati ha sposato in chiesa la psicologia se poi la tradisce sempre col mondo dello spettacolo. Sono d'accordo con quello che ha scritto, su Atti dello Psicodramma, l'amico Musatti a proposito di Pirandello e della sua psicologia. Non dobbiamo dimenticare che Freud, quando qualcuno gli chiedeva a quali autori si fosse ispirato, non mostrava certo gli orribili testi di psichiatria del suo tempo, né i libri di psicologia, ma faceva vedere i classici greci. Questo ha un significato ben preciso. Quelli che hanno approfondito la natura umana sono gli artisti e in particolar modo i grandi narratori. Mi viene in mente tutta l'opera di Dostoevskij, oppure le opere di Shakespeare, dei testi così fondamentali che dovrebbero essere inseriti nei programmi di studio degli Istituti psicoanalitici. Dostoevskij (penso per esempio a L'idiota) è un profondo conoscitore della psiche: per poter scrivere certe opere bisogna avere una profonda conoscenza della propria psiche, che ci permette poi di illuminare la psiche altrui.
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ALESSANDRO FERSEN Psicodramma e mnemodramma
 

Innanzi tutto come uomo di teatro, vorrei dire che sono rimasto impressionato dalla presenza di Zerka Moreno sul palcoscenico del Flaiano, dove ha organizzato lo psicodramma con gli spettatori in sala nella seconda parte della serata. Aveva davanti una platea, secondo me, difficile, perché, in un'operazione come quella orchestrata da Rosati, era impensabile che il pubblico stesse al gioco fino in fondo. La platea è incontrollabile e un attore non sarebbe entrato in scena per paura di essere beccato. Eppure, pochi momenti dopo l'ingresso di Zerka Moreno e le battute con cui organizzava lo psicodramma, si è sentita la presenza di un grande spessore, di una grande forza e competenza che andavano conquistando la platea. La Moreno camminava dritta per la sua strada.

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ADRIANO MAGLI Moreno e il teatro: spontaneità e mediazione simbolica
 

Mi rifarò soprattutto a un interrogativo: è possibile che il rapporto fra psicodramma e teatro, che di solito viene valutato ponendo in campo quella "spontaneità", quell'"improvvisazione", che può accomunare l'una e l'altra esperienza drammatica, possa presentare anche altri motivi di analogia, di raffronto? Del resto l'altra sera al Flaiano Zerka Moreno ci ha dato un saggio veramente attraente di come uno psicodramma (anzi per essere più precisi, un "onirodramma", la rievocazione spontanea di un sogno) possa trasformarsi in spettacolo; ma tutto questo non avveniva solo attraverso la libera immedesimazione, la spontaneità, ma attraverso una ricerca di gesti significativi per mezzo dei quali il protagonista cercava di proporre una sua realtà coerente, che tenesse conto del mondo simbolico in cui si trovava immerso.

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ZERKA T. MORENO Quale Moreno?
 

Penso che dovrò presentarvi Moreno. Ma quale Moreno, lo psicologo sociale, il drammaturgo, lo psichiatra, il ricercatore, il teologo? Ho deciso di concentrarmi sull'aspetto drammatico. Moreno si occupava di diversi approcci al dramma. Innanzitutto quello del creatore, del drammaturgo, del poeta sostenendo che la creazione in sé è il prodotto finale di un processo creativo che resta invisibile. Poi si interessò al teatro dal punto di vista dell'attore, il cui compito è di trasmutarsi in uno strumento per recepire la creazione del poeta e trasmetterla. Moreno infine si occupò del rapporto del pubblico con questo processo.

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SANTUZZA PAPA Questa sera parla il soggetto
 

Questa relazione figura tra gli atti del convegno romano "Tra Pirandello e lo psicodramma" ma fu concepita per un congresso di qualche mese prima in un'altra città. Un congresso può, come un sogno, venir affrontato in due modi. O come la metafora del rimosso, come punto della situazione ,e perché no, come la soddisfazione del desiderio (ma in questo caso non si sa dove situare il meccanismo della censura e tanto meno che farsene), o come un'occasione perché dalla creatività dell'inconscio emerga un discorso, l'indicazione per il futuro e per il cambiamento, come trampolino di lancio, insomma.

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FERNANDA PIVANO Nuovo teatro d'America e psicodramma
 

Nella grande rivoluzione di pensiero che durante il secondo dopoguerra divelse dalle forme tradizionali e statiche tutti gli aspetti delle cosiddette arti anche il teatro andò cercando una sua nuova definizione. Per sopravvivere il teatro dovette fare i conti con la televisione e col cinema e fece parte della trasformazione universale di quegli anni la nascita di nuovi mezzi espressivi che vennero all'ingrosso definiti "mixed media". La pittura e la scultura cominciarono a muoversi e a emettere suoni, le sale di esposizioni vennero a volte organizzate come labirinti o meandri attraverso i quali far vagare lo spettatore in una libera struttura e in generale l'ambiente (una volta circostante) entrò a far parte dell'opera d'arte servendosi di luci, suoni e movimenti. Questo processo di intercomunicazione diventò completo quando Allan Kaprow si servì in un pezzo degli esseri umani (quelli che una volta erano gli attori) come elementi meccanici, facendo compiere loro gesti ripetuti senza variazioni.

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MARIO PROSPERI Lo psicodramma e l'attore
 

Questo mio intervento è più un riferire un'esperienza che non la sua teorizzazione. La sua teorizzazione sarebbe molto difficile anche perché non è stata un'esperienza lunga. Non ha avuto modo di protrarsi, avendo trovato nelle istituzioni più ostacoli che aiuti. Cioè tutte e due le volte che ho tentato di introdurre lo psicodramma come metodo di educazione dell'attore mi sono trovato automaticamente quasi al di fuori dell'istituzione. Tutti e due i laboratori li ho terminati privatamente con gli stessi allievi del corso iniziato una prima volta al Teatro di Roma, cioè qui, e una seconda volta all'Accademia Nazionale di Arte drammatica. Evidentemente questa parola psicodramma suscitava una diffidenza di fondo, uno sconcerto. Perché usare lo psicodramma per preparare degli attori?

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OTTAVIO ROSATI Incartare i fantasmi (Pirandello tra teatro e psicodramma)
 

1. - ...quel doppio o triplo allevamento

Vorrei cercare di interpretare una parte dell'esperienza teatrale di Pirandello non in riferimento a una seduta spiritica, come ha fatto felicemente Giovanni Macchia, ma in riferimento a una sessione psicodrammatica. L'esperienza dello psicodramma mi ha spesso dato la prova di quanto affermano i personaggi in cerca d'autore, che i grandi spiriti rivivono davvero nelle persone e non soltanto nell'arte e che il, teatro è un posto dove si gioca a fare sul serio. Pirandello arrivò dalla narrativa al teatro con padronanza e sicurezza come a un territorio da tempo esplorato, nonostante minacciasse spesso di abbandonarlo perché non lo interessava.

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GIULIANO SCABIA Rappresentare un'azione (drama) può portare a trovarne l'anima
 

Ho sperimentato varie vie di teatro, ma ciò che forse ha più modificato il mio modo di rappresentare è stato muovermi dentro personaggi e figure "mitiche" di grande estensione temporale. Per esempio, ho camminato per circa due anni con l'uomo selvatico (il Gorilla quadrumane), portandolo per paesi e città. Se vogliamo considerare i satiri e Pan stesso figure primarie di uomini selvatici, e Tarzan delle scimmie e King Kong come incarnazioni recenti (ma anche il guerrigliero dei monti, il contadino rituale e il "selvaggio" dell'antropologia ne sono rappresentazioni moderne), il personaggio risuona in una quantità di "testi" (immagini e scritture), estremamente variati nel tempo, ma coerenti. Recitare (o portare) un personaggio del tipo uomo selvatico è molto diverso dal recitare Amleto o Liolà, che sono segnati in un contesto definito, e partendo da tale conte¬sto vanno decifrati e confrontati con la nostra presenza.

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ELENA B. CROCE La sublimazione: possibile alternativa tra inibizione e acting out
 

1. - L'esperienza estetica in una prospettiva psicodrammatica

L'esperienza di un Club di psicodramma basato sul teatro, pre¬sentata da Gennie Lemoine al Primo Congresso Internazionale della S.E.P.T. (Marsiglia, maggio 1975) ha spinto alcuni di noi ad appro¬fondire il problema dei rapporti tra teatro e psicodramma. Gennie Lemoine parla di una possibilità di liberazione attraverso l'identificazione ai ruoli precostituiti, più o meno ingrati o magari crudeli, che si incontrano nelle opere teatrali. Sostanzialmente, lei dice, noi abbiamo bisogno di Fedra, di Amleto, di Edipo, ma anche di personaggi inventati oggi, per conoscerei come madri, come padri, come figli, come amanti. Nell'improvvisazione psicodrammatica che segue all'identificazione con questi personaggi limite, ciascuno può ritrovare il taglio o il momento particolare della sua storia attraverso il quale il personaggio della scena può inserirsi nella struttura immaginaria del paziente come un cuneo che apra una via all'emergere delle istanze più profonde.

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RENATO GERBAUDO I numeri e il corpo
 

Introduzione

Marco ha quattordici anni. Da due anni viene regolarmente al gruppo di psicodramma. Era stato portato dai genitori ad una consultazione psicologica, perché preoccupati del suo comportamento a casa e a scuola. A casa era particolarmente aggressivo con la mamma, per anni ha mangiato soltanto latte e sostanze prevalentemente liquide. A scuola, a causa del suo stato di disagio, provocava continuamente risse tra i compagni e l'ira degli insegnanti che regolarmente lo espellevano dalla scuola. L'atteggiamento dei genitori nei suoi confronti era molto diverso: il padre chiedeva un aiuto perché il figlio si "normalizzasse", la madre era invece preoccupata di quello che poteva succedere al figlio lontano da lei. Si presentava insomma come un contenitore del figlio e si augurava che anche gli altri, gli insegnanti, il capo scout, lo psicologo facessero altrettanto.

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DONATA MIGLIETTA Essere parlante o essere parlato
 

II concetto di coazione a ripetere compare per la prima volta in Ricordare, ripetere, rielaborare (1914) dove Freud si interessa al rapporto tra la coazione, la traslazione e la resistenza. In questo articolo l'acting out è definito in contrapposizione a ricordare, come la spinta a ripetere il passato dimenticato e a fare questo all'interno del setting analitico rivivendo affettivamente esperienze emozionali rimosse trasferite sull'analista ed anche "su ogni aspetto della situazione attuale". Comunque, ci dice Freud, che "quanto maggiore è la resistenza, tanto maggiore è la misura in cui il ricordare viene sostituito dal mettere in atto". Pochi capoversi più avanti viene ad accennare a qualche cosa che riveste un interesse ancora maggiore e cioè a un gruppo di processi psichici che vanno al di là della semplice rimozione o sbarramento.

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